Proposte per la conservazione degli ecosistemi forestali e per la tutela dell’erpetofauna appenninica: un caso di studio nelle Marche
di Fiacchini D. e Pellegrini A.
La gestione dei boschi nel territorio montano ed alto-collinare delle Marche non ha grandi tradizioni, si sviluppa in un contesto normativo pressoché inesistente e si basa essenzialmente su utilizzazioni forestali quali la ceduazione ed i tagli di rinnovazione (IPLA, 2001). Nonostante l’impatto diretto dell’uomo sulle superfici boschive si sia in qualche misura ridotto nel corso dell’ultimo secolo, la forma di utilizzo più diffusa a livello regionale risulta essere anche quella più pesante e dannosa per l’ecosistema bosco: si tratta del governo a ceduo, oggi facilitato da attrezzature e macchinari in grado di realizzare velocemente piste da esbosco spesso causa azionante di processi franosi, con turni che vanno per lo più dai 15 ai 20 anni che incidono sul 66,8% della superficie forestale totale inventariata (Ipla, 2001) e che, spesso e volentieri, gravano su stazioni in forte pendenza e su vaste aree prossime a impluvi e canaloni, fin'anche ad interessare le sponde di torrenti e fiumi, i crinali e le conoidi detritiche.
Tipico taglio di un bosco marchigiano

Rana Italica
La selvicoltura attuale nelle Marche risulta essere soggetta a pochi controlli, tanto che interventi piuttosto significativi sono stati condotti all’interno di zone speciali di conservazione (SIC e ZPS) senza aver avviato la preventiva valutazione di incidenza, così come previsto dalle vigenti normative nazionali e comunitarie. La mancanza di criteri naturalistici nella complessità delle operazioni gestionali (ceduazione in particolare) riduce la complessità strutturale e causa una notevole alterazione delle condizioni fisiche ed ecologiche dell’habitat, arrecando effetti fortemente negativi sulle biocenosi presenti anche a causa della conseguente mancanza di alberi morti (Waldick, 1997; De Maynadier & Hunter, 1998 e 1999; Scoccianti, 2001).D’altra parte i microhabitat forestali rappresentano siti di rifugio, foraggiamento e riproduzione per molte specie di Anfibi e Rettili, alcune delle quali endemiche dell’Appennino (come Salamandra s. gigliolii, Salamandrina terdigitata, Bombina pachypus, Rana italica), localizzate in poche ed isolate stazioni riproduttive.
Con il presente lavoro gli autori, dopo aver evidenziato i risultati preliminari dello studio in corso, intendono proporre, riferendosi a situazioni gestionali attuali sostenibili e rispettose degli habitat forestali, semplici e chiare indicazioni di selvicoltura naturalistica cui i soggetti pubblici e privati direttamente interessati possano riferirsi nell’elaborazione dei piani e degli interventi di settore, così da avviare azioni di conservazione diretta ed indiretta dell’erpetofauna appenninica.
   
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Autori:
David Fiacchini, via Brancasecca, 11 - 60010 Ostra Vetere (AN) - Tel. 071.965365; E-mail: dr.fiacchini@libero.it
Andrea Pellegrini, via Tufo 34/b - 61029 Urbino - Tel 333.6588049; E-mail: terreemerse@virgilio.it
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