Nel numero di ottobre 2005 su Airone è apparso un lungo articolo intitolato
"Il caso cinghiale". |
La situazione cinghiale va certamente affrontata ma,
permettete la sincerità, non è corretto credo descriverla
nei modi e nei termini utilizzati in diversi passaggi del pezzo che appare
questo mese su Airone. E va bene non voler apparire di parte (ambientalista),
e va bene sottolineare l'effettiva rilevanza dei danni che il cinghiale
causa all'agricoltura, ma quale necessità c'era di aggravare l'immagine
e la reputazione di un animale selvatico già così compromessa,
dato che poi questo si traduce in bracconaggio e fomenta contestazioni
sulle aree protette. Il cinghiale fa il cinghiale, e tra l'altro ignoro
in bibliografia la predazione di questo ungulato nei confronti dei piccoli
di capriolo. Per di più nell'articolo si esalta un certo fascino
e la spettacolarità della caccia al cinghiale, il coraggio e la
mascolinità dei cinghialai: forse il tutto era ironico ma non si
capisce. Anzi sembra che Airone voglia creare un nuovo rapporto con i
cacciatori (peccato, se così fosse). Perchè non si fa cenno
invece al grandissimo impatto della caccia al cinghiale (non del cinghiale...)
su interi habitat e su numerosissime specie animali danneggiate a volte
in modo irreparabile dalle battute in braccata? Danneggiati gravemente
sono anche i diritti dei cittadini a cui viene negato il passaggio nelle
zone della battuta, per non parlare delle proprietà private allegramente
ignorate e i numerosi casi di atriti e a volte minacce tra i proprietari
e cinghialai armati e prepotenti. Perchè non si fa cenno ai rischi
per l'incolumità pubblica causati da un così alto numero
di cacciatori ammassati in pochi ettari, che imbracciano carabine in grado
di uccidere (anche una persona) a due chilometri di distanza? Persino
la foto della distesa di carcasse è poco "educativa",
perchè stragi del genere non andrebbero comunque tollerate, per
lo meno non andrebbero mostrate, e poi affianco ai cinghiali stesi a terra
ci sono anche dei cervidi (forse caprioli?) e questo è inquietante
perchè in pochi posti in Italia centrale questi animali sono cacciabili,
e certamente non in braccata. Su una rivista come Airone sentir parlare
di specie nociva, di animale aggressivo (?), di capocaccia sovrani, vi
renderete conto da soli che è un pò strano. Il rito collettivo
della caccia al cinghiale è uno dei più grandi problemi
ecologici e sociali nelle campagne marchigiane, umbre e toscane: guardare
la lista di morti (umani) causati da questa caccia e chiedetelo agli agriturismi,
le country house, ma anche ai cercatori di funghi e tartufi, al sindaco
di Isola del Piano (PU) che ha vietato l'uso di carabine. Di riflesso
vi è anche il randagismo indotto dei cani, persi durante la braccata,
oppure feriti anche mortalmente dal cinghiale, e il randagismo diretto,
perchè guarda caso nei canili un'alta percentuale di cani sono
di razze usate in braccata, ma evidentemente non erano "buoni".
Coraggiosi semmai sono appunto i cani perchè la maggior parte dei
cinghialai ha terrore del cinghiale e non a caso lo fa stanare dal "miglior
amico dell'uomo",
peraltro tenuto in gabbia o alla catena per 9 mesi all'anno... Troppo poco si dice in quell'articolo sul pasticcio venatorio i cui colpevoli sono le associazioni dei cacciatori; quasi si è tralasciato il fatto che i danni del cinghiale sulle coltivazioni (ma quelli nei boschi o nei prati naturaliformi sono tutt'altro che dimostrati) continuano a ripetersi perchè malgrado il dispiegamento di armi e le migliaia di abbattimenti all'anno, c'è chi ne introduce clandestinamente in quantità. In alcune zone si è arrivati a capire, anche da parte delle associazioni agricole, che i cacciatori di cinghiale non sono la soluzione, bensì i colpevoli, perchè i cinghialai non hanno nessun interesse a far diminuire, tanto meno a eradicare, la specie. Nelle Marche, ma non solo, ogni squadra ha assegnata una zona e questo permette loro, se vogliono (controlli zero), di rilasciare cinghiali e foraggiarli per favorirne l'ingrassamento e la sedentarietà: in pratica degli allevamenti. Se si vuol spezzare questo sistema non si può prescindere dalla rotazione delle squadre, di modo che a queste venga assegnata settimanalmente o mensilmente la zona di caccia. Nessuno avrà più interesse a introdurre altri cinghiali e in qualche anno il numero di cinghiali diminuirà eccome, rimanendo forse alto in certe aree protette dove del resto è la principale fonte alimentare del lupo. A quel punto, considerando il naturale irraggiamento degli animali fuori Parco, potrebbe essere comunque autorizzata la caccia nelle zone contigue, ma solo con squadre composte da residenti nei comuni della zona. In definitiva vi assicuro che la posizione presa attraverso l'articolo sul cinghiale è piuttosto impopolare perchè assolutamente impopolare è l'immagine dei cacciatori di cinghiale e del fenomeno, ripeto insostenibile ecologicamente e socialmente, della caccia al cinghiale. Andrea Pellegrini |
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