Essere contro
Lupus in Fabula è un'associazione contraria alla caccia, in ogni
sua forma, in ogni sua definizione che non sia quella più negativa
e amara rispetto a ciò che è un male della società
odierna, un divertimento crudele, una violenza alla natura mai scusabile,
per nessuna finalità sociale e tanto meno per la persistenza
di una tradizione che non ha logica di esistere. La caccia è
tollerabile come necessità imprescindibile in determinati contesti,
per tribù rimaste davvero selvagge, e non si parla quindi di
nazioni industrializzate ma di aborigeni australiani e indios amazzonici.
Sensibilizzare
Lupus in Fabula affronta da sempre la questione cercando di intervenire,
attraverso la sensibilizzazione, nel tentativo di invitare ad una riflessione
coloro che praticano questa attività, di evitare che vi sia un
ricambio generazionale e cercando di fare in modo che nasca contemporaneamente
nell'opinione pubblica un valore etico aperto al rispetto delle forme
di vita selvatiche e alla visione decisamente negativa e scandalizzata
della figura del cacciatore.
La lobby venatoria
Nel corso degli anni, battaglia dopo battaglia, delusione dopo delusione,
l'associazione ha dovuto scontrarsi con una realtà fatta di leggi
e istituzioni pubbliche che non solo proteggono ma addirittura favoriscono
la categoria dei cacciatori. Cercando di dare una spiegazione a questi
incredibili e anacronistici riscontri, si è finito con l'ammettere
che se il calo delle licenze da caccia non si arresta (50% in meno negli
ultimi 15 anni in Italia), nessun calo viene invece mostrato dal potere
politico di questa vera e propria lobby. Questo è il risultato
di una programmazione che ha portato esponenti della categoria a ricoprire
cariche istituzionali, cosa che non è quasi mai riuscita al mondo
ambientalista per il semplice fatto che un ambientalista al potere andrebbe
contro troppi interessi
Gli esempi non mancano: lampante e avvilente
quel che succede in provincia di Pesaro e Urbino, dove il Presidente
è un cacciatore che nella sua Giunta ha pensato bene di sistemare
altri baluardi del mondo venatorio, cioè i due presidente degli
ATC (Ambiti Territoriali di Caccia) con cariche di assessori, poi come
se non bastasse il dirigente dell'Ufficio Caccia è un esponente
nazionale dei cacciatori di cinghiale
. Su scala italiana è
la stessa cosa, per certi versi assai più grave se si considera
che si tratta di persone in grado da fare o cambiare le leggi dello
Stato: nel Governo Berlusconi dalla parte dei cacciatori è il
ministro dell'Ambiente e questa sua ben nota inclinazione ha dato slancio
a proposte di legge avanzate dalla maggioranza in Parlamento che vanno
dall'annullamento dei reati penali in materia di caccia alla possibilità
di cacciare nei Parchi.
Eppure non si tratta di schieramenti politici o di partiti. Come si
è sempre detto per l'ambientalismo che è, o dovrebbe essere,
un sentimento trasversale, l'anti-ambientalismo è anch'esso trasversale
e a quanto pare maggiormente attivo.
Le associazioni ambientaliste e la caccia
A proposito di ambientalismo e di associazioni che sventolano fiere
questo termine, la Lupus in Fabula critica aspramente la posizione di
Legambiente, che si è posta pubblicamente a favore della caccia,
purchè legale. Critica questo atteggiamento perché la
caccia rappresenta un fenomeno sbagliato in sè, legale o illegale
che sia, anche perché il bracconaggio non è che una diramazione
dell'attività venatoria perciò va da se che in presenza
dell'esercizio legale ci sia anche quello illegale. E tuttavia non sta
qui il problema, perché non esiste il cacciatore buono e il cacciatore
cattivo: l'unico cacciatore che compie un atto giusto e apprezzabile
è colui che smette di andare a caccia.
Se Legambiente va criticata, Ekoclub andrebbe proprio tolta dagli elenchi
delle associazioni ambientaliste, perché dietro questo nome si
è trincerato da tempo il segreto di un inganno di grandezza nazionale.
Ekoclub è una costola di Federcaccia, una ben poco credibile
associazione ambientalista di cacciatori, che oggi ritiene di doversi
vantare di migliaia di soci ma ormai in tanti sanno che ognuno di essi
è un cacciatore affiliato a Federcaccia, che nel "pacchetto"
dell'iscrizione si ritrova anche questo tesserino. Il tutto fa parte
di uno stratagemma con cui questa associazione venatoria riesce ad inserirsi
in commissione e comitati occupando lo spazio riservato ai veri rappresentanti
ambientalisti.
La caccia di selezione
Per quante motivazioni scientifiche, epidemiologiche
o ecologiche si vogliano dare, questo tipo di caccia è solo il
tentativo estremo di bloccare il calo di iscritti a questa crudele attività
fornendo loro l'ambita prospettiva di fare caccia grossa e di abbattere
caprioli, daini o altri ungulati. Lupus in Fabula, dopo che la Provincia
di Pesaro e Urbino aveva inserito questo prelievo nel Piano Faunistico,
ha subito mosso fortissime critiche, anche sul piano scientifico, e
ha elaborato progetti alternativi, limitativi, fino a presentare al
Presidente della Provincia la petizione "Non uccidete Bamby"
firmata da 3.967 cittadini. Tutto inutile e nell'ultima stagione venatoria
erano in lista 1.300 abbattimenti.
La caccia di selezione vuole porsi come forma di equilibrio delle dinamiche
faunistiche, ma è solo un tiro al bersaglio, bersagli prelibati,
clandestinamente commerciabili (e venduti
), senza calcolare che
il giro d'affari c'è anche per chi organizza questo tipo di caccia,
con corsi e ricerche dove faunisti interventisti e "sparatori"
vengono pagati profumatamente. L'uomo vuole prendere il posto dei predatori
naturali, ma fosse tutta qua la scusa per uccidere queste splendide
forme di vita, innocue e affascinanti, basterebbe pensare al paradosso
dell'eliminazione di prede naturali per grandi carnivori come il lupo
che non a caso, di conseguenza, colpisce gli animali d'allevamento.
In termini di pura selezione neppure sui bovidi come il camoscio è
lecito parlare di una necessità, dal momento che sugli ungulati
di montagna non bisogna proprio sostituire nessun predatore perché
è il clima, l'inverno soprattutto, a decretare vita e morte.
La caccia al cinghiale
Questo aspetto della caccia è diventato la fotografia dello stato
di aggressività, prepotenza e arroganza che scava il divario
tra il cacciatore in mimetica e armato da un lato, e il cittadino coi
suoi diritti, la natura coi suoi ritmi dall'altro. Ci sono certamente
parecchi argomenti per psicanalisti in questa perversione del gruppo
paramilitare, delle urla, delle carabine, dell'animale "brutto
e malvagio" da stanare; c'è anche però un notevole
giro d'affari fatto di carne, di armi, di auto, di vestiario, ...di
voti. Sia quel che sia queste squadre rendono una giornata di autunno
o di inverno una giornata di panico, confusione e morte. Giornate in
cui decine di ettari di boschi e di prati vengono sequestrati, rastrellati
e infine macchiati di dolore e di sangue.
Che il cinghiale sia un problema per le colture agricole è fuori
di dubbio ed una vera gestione faunistica dovrebbe occuparsi di questo
specifico problema, l'unico veramente pesante in termini economici e
sociali, perché si possono quanto meno tralasciare ipotetici
e poco dimostrabili danni del cinghiale sugli apparati pedologici di
boschi e radure, o più specificamente su specie vegetali o micologiche.
Chi pensava che la caccia al cinghiale venisse in soccorso dei problemi
all'agricoltura ha dovuto con gli anni ricredersi accorgendosi che il
cinghiale e i problemi ad esso connessi esiste ed esisteranno sempre
perché così vogliono e in questo senso agiscono proprio
i cacciatori di cinghiali. Insomma il cinghiale ci sarà fino
a che ci sarà la caccia al cinghiale, e non il contrario.
Queste considerazioni Lupus in Fabula le ha esposte, non solo agli Amministratori
degli Enti Pubblici ma anche e soprattutto alle associazioni che tutelano
le attività dei coltivatori. Non è passato molto tempo
che la spaccatura tra il mondo venatorio e quello appunto agricolo si
sia evidenziata. E questo non può che fare bene alla lotta contro
la caccia.
Il metodo con cui i cacciatori di cinghiale tengono in piedi questo
tipo di caccia e mantengono una forte presenza del suide sul territorio
è agevolato dall'organizzazione stessa dell'attività,
la quale prevede la suddivisione degli Atc in zone, ognuna delle quali
assegnate ad una singola squadra a tempo indeterminato. In questa situazione
le squadre che vogliono introdurre cinghiali (assolutamente vietato),
come per esempio femmine gravide se c'è penuria di animali, non
solo lo fanno senza che vi sia controllo (neppure sugli allevamenti
privati di cinghiali ce ne sono
) ma quei cinghiali, perché
restino in zona, vengono nel tempo riforniti di acqua e cibo.
Lupus in Fabula ha proposto di contrastare questa ormai nota situazione
con la rotazione delle squadre, alle quali dovrebbe venire assegnata
settimana per settimana o mese per mese la rispettiva zona di caccia.
In questo modo nessuno avrà più interesse a rilasciare
cinghiali. Senza nuove introduzioni (a volte il cinghiale d'allevamento
è incrociato con il maiale) e con lo sterminio di 3000 capi l'anno
come in provincia di Pesaro, i cinghiali si ridurrebbero ad un numero
ininfluente nel giro di 4-5 anni, restando tuttavia nelle aree protette
dove il lupo continuerà a servirsene come ambita preda.
L'attivismo contro la caccia
Con cadenza quasi annuale la Lupus ha organizzato, in occasione dell'apertura
della caccia, delle azioni mirate a sollevare il problema e a lanciare
un messaggio alla popolazione. Sono stati scelti sempre contesti che
avessero un significato: la piazza centrale di Pesaro, le mura storiche
di Fano, il cantiere della Bretella di Urbino. Le frasi sibilline scritte
sugli striscioni esposti erano "la caccia, strage legalizzata",
"caccia, assurda guerra agli animali" e "caccia, tradizione
da non rispettare".
La Lupus in Fabula aderisce da anni alla L.A.C. (Lega per l'Abolizione
della Caccia), l'associazione nazionale e internazionale maggiormente
schierata oggi contro la caccia in Italia.