Nell’ultimo numero della Vs rivista
è apparsa, tra le “lettere al direttore” un intervento
sulla presenza di lupi sul Monte Catria, a firma di Don Ubaldo Braccini.
Parlare del problema costituito dalle predazioni di lupo sugli allevamenti
non è affatto sbagliato. Si tratta però di parlarne
nei termini dovuti e soprattutto con una certa competenza. Il fatto,
tutt’altro che innegabile, rappresenta effettivamente un problema
e il danno per la pastorizia non è per niente da sottovalutare.
Bisogna solo porre in partenza un’indispensabile presupposto:
lupo e pastori vanno tutelati allo stesso modo. Intanto non si parli
di presenza massicce di lupi o di lupi pericolosi per gli uomini:
la sindrome di cappuccetto rosso per fortuna è svanita e
queste affermazioni rischiano solo di distogliere l’attenzione
dalle questioni serie che richiedono una soluzione. |
Una lupo attraversa un torrente in inverno |
Il lupo è animale territoriale e gregario solo nella misura
in cui l’ambiente glielo consente, per cui un branco di oltre
3 o 4 lupi (e magari un esemplare isolato) non sono fisiologicamente
possibili nel massiccio del Monte Catria e dintorni. Riguardo all’incolumità
delle persone…è sufficiente ricordare che negli ultimi
200 anni non c’è stato nessun caso di aggressioni del lupo
all’uomo, ma solo il contrario. Il lupo c’è, questo
è vero, ma nessuno ce lo ha portato, nessuno ha mai fatto reintroduzioni
di lupi, né in Italia, né in Europa. Dal 1974, cioè
da quando questo animale è stato protetto dalla legge, il lupo
è faticosamente ripartito dai 2-3 siti in cui era rimasto in
Italia e si è diffuso negli anni per una naturale fluttuazione
degli individui erratici, perché il lupo ha straordinarie capacità
di spostamento: un giorno è sul Catria, il giorno dopo è
sui Sibillini. Le predazioni sugli animali al pascolo sono sintomo di
un contesto ambientale in cui il lupo prova ad insediarsi stabilmente,
dove è in grado di trovare rifugio (e il Catria è molto
vasto) ma non di trovare prede selvatiche. Allora la questione prende
subito un’altra fisionomia e invita tutti (pastori e…preti)
a riflettere su una domanda che è alla base della auspicabile
convivenza dell’uomo con quella natura, la più selvaggia,
la più pura, che il lupo rappresenta: vogliamo che esista il
lupo? Se la risposta è si, se quindi il nostro grado di civiltà
ci permette di accettare l’esistenza di un equilibrio nel mondo
naturale salvato dall’invadenza dell’uomo, dovremmo anche
accettare che vengano posti in essere strumenti di tutela indispensabili.
Il punto è che il Monte Catria subisce una tale pressione venatoria
e altri tipi di disturbi antropici, che di animali selvatici potenziali
prede del lupo ce ne sono fin troppo pochi, così come troppo
poca è la tranquillità che il lupo ricerca. Il lupo è
molto intelligente e se può sta nel bosco e caccia gli animali
del bosco (caprioli, cinghiali), perché infondo chi glielo fa
fare di uscire allo scoperto e rischiare una fucilata, una zampata di
un cavallo o le corna di una mucca…? Se questi animali fossero
custoditi con coscienza, con cani pastori o quanto meno se si avesse
l’accortezza di radunarli (utile sarebbe la presenza dello stallone
o del toro), o meglio ancora trasferirli in stalla nelle giornate in
cui per esempio la nebbia agevola l’attacco da parte dei lupi,
i danni sarebbero minimi. Una soluzione seria al problema è il
Parco, che indennizzerebbe bene e presto i danni, che finanzierebbe
l’acquisto di cani pastori, che realizzerebbe stalle e stazzi,
e vieterebbe in alcune zone la caccia lasciando al lupo l’opportunità
di sfamarsi compiendo la selezione naturale.
Andrea Pellegrini – consiglio direttivo Lupus in Fabula