Osservazioni e proposte alla Delibera di Giunta Regionale
delle Marche n. 60 del 29.01.2007 relativa a misure di conservazione Rete
Natura
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Premessa ALLEGATO 1 Misure di conservazione relative al settore agricolo e zootecnico 1. attuazione di pratiche agronomiche consistenti in operazioni di sfalcio, o altri interventi ammessi (trinciatura), pari ad almeno uno l'anno. Detto intervento non deve essere effettuato nel periodo compreso fra il 1° Marzo e il 15 Agosto di ogni anno e dovrà essere effettuato adottando tutte le precauzioni possibili per mitigare gli effetti negativi per la fauna selvatica. Il differimento dal 31 luglio al 15 agosto consente, in caso di stagioni climaticamente avverse, di tutelare con maggiore efficacia le specie animali che nidificano a terra, mitigando gli effetti dell'eventuale perturbazione (art. 6, c. 2 direttiva 92/43/CEE) 2. nella realizzazione di nuovi abbeveratoi e stagni per il bestiame, dovrà essere istallata un'idonea protezione trasversale che protegga almeno metà bacino e che impedisca al bestiame in abbeverata di danneggiarne le sponde e calpestarne il fondo. L'inserimento di questo punto si rende necessario per mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente un habitat seminaturale (es: pozza di abbeverata) che può ospitare specie animali di interesse comunitario. ALLEGATO 2 Misure di conservazione relative all'esercizio dell'attività venatoria. 1. Nelle Zone di protezione speciale (ZPS) e nei siti di interesse comunitario (SIC) dove sono presenti, anche se non stabilmente, popolazioni di Lupo (Canis lupus) e Aquila reale (Aquila chrysaetos), é fatto divieto di esercitare l'attività venatoria in ogni sua forma. La caccia può arrecare disturbo alle specie di interesse comunitario presenti in SIC e ZPS. In particolare: - la caccia agli ungulati (e in particolare la braccata al cinghiale) é un fattore di disturbo per tutte le altre specie animali (cfr. Genovesi P., 2002) - la caccia a lepre e coturnice, principali specie-preda dell'Aquila reale, va in conflitto con il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente dell'Aquila reale. 2. E' vietato l'esercizio venatorio, sotto ogni sua forma, alle foci dei fiumi. Si chiede il re-inserimento di questo punto: nelle Marche é evidente a tutti la carenza di zone umide (lungo le foci fluviali) idonee alla sosta dell'avifauna acquatica durante le fasi di migrazione e svernamento. Come evidenziato anche dall'INFS, esiste un elevato numero di appostamenti fissi lungo le foci dei fiumi, ed é quindi necessario tutelare l'avifauna acquatica. Nota a margine sul conflitto della caccia con la conservazione delle specie faunistiche di interesse comunitario: esistono diversi documenti scientifici che riportano casi di evidenti forme di disturbo diretto e indiretto della fauna a causa dell'attività venatoria. Nello stesso Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Ancona si fa espresso riferimento alla necessità di attivare, all'interno di SIC e ZPS, un attento monitoraggio e un'accurata attività di vigilanza al fine di garantire che non avvengano eventuali fenomeni di disturbo nei confronti delle specie di interesse comunitario. Inoltre, nello stesso PFV si fa espresso riferimento alla necessità di istituire, vista l'elevata valenza naturalistica di alcune aree, Oasi di protezione della fauna o futuri parchi naturali nei SIC e nelle ZPS non inclusi nel perimetro delle aree protette attualmente istituite. Su tutti riportiamo l'emblematico caso del Lupo: nei SIC dove questa specie di importanza comunitaria é presente e viene praticata la caccia agli ungulati (sue prede principali), non sono infrequenti casi di bracconaggio e di disturbo diretto. Citiamo testualmente da Genovesi P. (2002): "(...) il Lupo é infatti percepito come un competitore dai cacciatori di ungulati e tale forma di conflitto é probabilmente alla base di una porzione notevole degli episodi di bracconaggio che si registrano nel nostro Paese. Il conflitto tra Lupo e cacciatori sta risentendo dell'espansione della caccia agli ungulati (in braccata al cinghiale e in selezione agli altri ungulati) che si é verificata anche nelle aree non alpine (...)". Nella stessa pubblicazione tra i principali fattori di minaccia per il Lupo in Italia si evidenziano, con rilevanza primaria, il bracconaggio e il conflitto con l'attività venatoria. Tra le azioni di conservazione, dunque, deve essere considerato il divieto di caccia agli ungulati o, laddove praticabile, la limitazione a forme meno conflittuali. Ad esempio per il cinghiale, come suggerito da Toso & Pedrotti (2001) (Linee guida per la gestione del Cinghiale nelle aree protette. Ministero dell'Ambiente & INFS, Quaderni di Conservazione della Natura, n. 3) "la classica braccata con cani al seguito mal si presta ad essere adottata come sistema di controllo del cinghiale nei parchi. Il tiro con la carabina, all'aspetto e alla cerca, risulta caratterizzato dal miglior grado di selettività e da un disturbo assai limitato". Un'altra tecnica di prelievo del cinghiale accettabile in un'area protetta é quella della girata. ALLEGATO 3 Misure di conservazione per il settore forestale E' vietato il taglio del bosco e degli alberi in prossimità, e per una "fascia tampone" non inferiore a 30 metri in larghezza, di corsi d'acqua perenni e temporanei, sorgenti, fontanili, vasche, stagni, pozze d'abbeverata, laghi, grotte, caverne, forre, canaloni, crinali, conoidi detritiche, sentieri escursionistici, carrarecce, mulattiere e in tutte le superfici montane con pendenza media del suolo uguale o superiore al 60%. Tagli boschivi eseguiti in prossimità degli habitat indicati, possono causare notevoli ripercussioni negative sia sulla stabilità del suolo (innescando frane, smottamenti, ecc.), sia sul microclima del sito (provocando la scomparsa di specie animali di interesse comunitario). Per un'analisi della situazione marchigiana si consiglia di leggere il lavoro di Fiacchini e Pellegrini (2006). E' vietato l'utilizzo degli impluvi e dei canaloni costituiti da corsi d'acqua perenni e/o temporanei quali vie di esbosco del legname a valle, a meno che non si utilizzino risine, fili a sbalzo e teleferiche. Abbiamo inserito anche i corsi d'acqua temporanei, perché in periodo primaverile possono costituire habitat riproduttivo di alcune specie di interesse comunitario (All. II e IV della Direttiva 92/43/CEE). Le domande di autorizzazione che prevedono interventi selvicolturali di superficie superiore all'ettaro e mezzo (pur se non accorpata) devono essere sottoposti a valutazione di incidenza secondo quanto previsto dall'articolo 10, comma 5, della legge regionale 23 febbraio 2005, n. 6. per le superfici di taglio inferiori all'ettaro e mezzo, pur non essendo richiesta la valutazione di incidenza, vanno comunque previste, ove necessario, prescrizioni vincolanti. Viene riproposto questo punto, già previsto dalla precedente DGR n. 1277/2006, poichè si ritiene che interventi di taglio che interessano superfici di taglio inferiori all'ettaro e mezzo possono avere incidenze significative su habitat e specie di interesse comunitario, come peraltro previsto dall'art. 6 c. 3 della Direttiva 92/43/CEE. Deve essere gradualmente favorita la conversione attiva e progressiva dei boschi cedui in fustaie disetanee, sia per evoluzione naturale che per interventi guidati. La fustaia disetanea rappresenta, per molte specie forestali (sia uccelli rapaci, quali Sparviere e Astore, ma anche il gruppo dei Picidi) un habitat raro nella nostra Regione. Occorre, dunque, incrementare la presenza di tali boschi per mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente specie animali di interesse comunitario. E' fatto obbligo di utilizzare animali da soma (es: muli, cavalli) per le operazioni selvicolturali in zone al di sopra dei 1000 metri sul livello del mare. Il recupero di queste forme di gestione forestale permette di avere un minore impatto sugli habitat interessati dai tagli (es: apertura piste forestali, trasporto legname a valle, ecc.) e, nel complesso, una minore perturbazione delle specie di interesse comunitario (art. 6 c. 2 Direttiva 92/43/CEE) ALLEGATO 4 Ulteriori misure di conservazione Questo punto è da mantenere inalterato, poiché va a sanare una situazione legata al transito di mezzi motorizzati fuoristrada e su sentieri, piste, mulattiere e carrarecce di esclusivo utilizzo agro-silvo-pastorale e per attività escursionistiche. La circolazione di mezzi motorizzati in questi ambienti crea notevoli problematiche sia al fondo del percorso, sia alla fruizione degli stessi da parte degli aventi diritto. Per avere una conferma della situazione sopra accennata consultare i Coordinamenti provinciali del Corpo Forestale dello Stato (aggiungere alla fine: e previa valutazione di incidenza). Come previsto dalla normativa vigente (DPR 357/1997 e s.m.i.), anche le operazioni legate all'immissione di specie ittiche in corsi d'acqua interni a SIC o ZPS deve essere sottoposta a valutazione di incidenza (art. 5 c.3 del DPR 357/97). E' fatto divieto di realizzare centrali eoliche di qualsiasi tipo, ad eccezione dei mini-impianti di potenza inferiore ai 30 Kw di potenza installata, a servizio di rifugi, baite e altre strutture ad uso pubblico o privato (previa valutazione di incidenza positiva). La realizzazione dell'intervento é comunque subordinata a conforme e obbligatorio parere dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. Si propone di re-inserire questo punto di notevole importanza sia per gli aspetti conservazionistici (impatto delle centrali eoliche sull'avifauna) che per i risvolti paesaggistici. E' appena il caso di sottolineare che il DM di prossima emanazione da parte del Ministero dell'Ambiente prevede l'esplicito divieto di realizzazione di centrali eoliche in SIC e ZPS. I piani di ripopolamento ittico dovranno essere obbligatoriamente sottoposti a valutazione di incidenza, anche qualora l'area di immissione si trova all'esterno del perimetro di SIC e ZPS (e fino a un raggio di 3 km dai confini del sito stesso). Le operazioni legate all'immissione di specie ittiche in corsi d'acqua interni a SIC o ZPS deve essere sottoposta a valutazione di incidenza (art. 5 c.3 del DPR 357/97). Divieto di realizzare nuove captazioni idriche, pubbliche o private, se non dopo uno studio approfondito (della durata di almeno 5 anni) e successiva valutazione di incidenza. Si chiede l'inserimento di questo punto per evitare che le già ridotte risorse idriche montane subiscano ulteriori attingimenti senza una idonea valutazione complessiva. Divieto di arrampicata e volo libero ad una distanza non inferiore a 500 metri da falesie e pareti rocciose ove è accertata la nidificazione, attuale o passata, di specie di interesse comunitario (quali l'Aquila reale, il Falco pellegrino e altre specie). Questo punto viene inserito per evitare che siti frequentati da specie rupicole di interesse comunitario possano essere irrimediabilmente compromessi da attività sportive di arrampicata e volo libero. ALLEGATO 5 Azioni da promuovere o da incentivare La conservazione di aree boscate ad evoluzione libera nei pressi di forre, grotte, caverne, crinali, conoidi detritiche, corsi d'acqua permanenti o temporanei, sorgenti, fontanili, vasche per l'abbeverata, stagni, laghi, pozze temporanee o permanenti. Tale indicazione viene suggerita per addivenire ad una sempre maggiore preservazione di habitat di interesse comunitario e delle specie animali/vegetali ad essi legate. Ulteriori indicazioni:
Bibliografia citata Fiacchini D. & Pellegrini A., 2006. Ecosistemi forestali ed erpetofauna appenninica: un caso di studio nelle Marche. Biologi Italiani, 10 (2006): 37-47 Genovesi P. (ed), 2002. Piano d'azione nazionale per la conservazione del Lupo (Canis lupus). Ministero dell'Ambiente & INFS, Quaderni di Conservazione della Natura, n. 13 Toso S. & Pedrotti L., 2001. Linee guida per la gestione del Cinghiale nelle aree protette. Ministero dell'Ambiente & INFS, Quaderni di Conservazione della Natura, n. 3 Febbraio 2007 |
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