In linea generale sono tre i motivi che rendono il mondo delle attività
estrattive e i suoi eccessi un problema per le comunità: il primo
perché si tratta di attività tra le più invasive
e devastanti sia da un punto di vista ambientale che sociale; secondo,
perché spesso gli enormi benefici economici finiscono nelle tasche
di pochi, mentre alle popolazioni arrivano vantaggi poco più
che virtuali; terzo, perché si tratta di attività non
facilmente controllabili soprattutto in situazioni come quella pesarese
dove la vigilanza sul territorio sembra essere insufficiente.
Il fatto che nelle Marche, modifica dopo modifica, si sia arrivati a
stravolgere la normativa di settore, la dice lunga sul peso che la lobby
dei cavatori ha in questa Regione. Già nei primi anni duemila
le quantità autorizzate sembravano esagerate, ma c’era
la scusa della ricostruzione post terremoto per cui opporsi sembrava
più difficile, ma oggi?
Ogni giorno migliaia di metri cubi di ghiaie, argille e calcari vengono
tritati e spesso sembrano sparire nel nulla. Quanto materiale viene
utilizzato all’interno del territorio marchigiano e per cosa?
Quanto materiale lavorato finisce fuori regione?
Questo è il nodo del problema: occorre scavare solo lo
stretto necessario e ridimensionare le quantità funzionali al
business.
Non è una questione di poco conto poiché è da questo
che dipende il possibile traffico di camion, la quantità di polveri
prodotte e la quantità di territorio da distruggere. Sino ad
oggi nessuno tra gli uffici pubblici si è dimostrato in grado
di fornire dati certi. E’ vero, a volerli cercare i dati si trovano,
ma sono sempre e solo quelli forniti dai cavatori su cui una qualche
perplessità, visto il conflitto d’interessi, ci permettiamo
di averla.
E’ in questo contesto che si inserisce, quindi, il problema delle
polveri e dello scarico degli inerti al porto di Pesaro. I residenti
hanno tutte le ragioni di lamentarsi e trovano la solidarietà
di quelle popolazioni dell’entroterra che hanno visto abbassarsi
la qualità della vita a causa della vicinanza di un polo estrattivo.
La proposta di legge avanzata da Mirco Ricci, le prese di posizione
da parte di alcuni politici e, stranamente, da parte del Presidente
del Parco Naturale del San Bartolo (Acacia Scarpetti), sembrano invece
solo strumentali ad aprire la strada a nuove concessioni. Quanto materiale
serve nella provincia di Pesaro?
In assenza di informazioni certe dobbiamo domandarci se l’importazione
di inerti dalla Croazia non sia da intendersi come attività di
sfruttamento di territori resideboli dalla guerra, piuttosto che di
attività necessaria per l’economia marchigiana. Ricordiamo
che in questi anni, oltre ai poli estrattivi, c’è stato
un fiorire di progetti di rimodellamento fondiario, di laghetti ad uso
irriguo, di zone artigianali e industriali che, grazie all’abbassamento
dei piani campagna e dei profili dei terreni, hanno permesso l’asportazione
di quantità enormi di materiale che sembrano non figurare in
nessuna statistica.
Ci viene detto che occorrono cave, che nelle Marche ci sono troppi vincoli
e che il calcare massiccio è inavvicinabile, nel frattempo, però,
a livello regionale si progetta di scavare anche dentro il Parco Naturale
della Gola della Rossa. Non c’è che dire, una logica perfettamente
in linea con chi vuol trasformare in un groviera il territorio della
provincia di Pesaro.
Fano 20.02.09
Il Presidente