Considerazioni alla fine della stagione venatoria

Finita la stagione di caccia, cosa resta da chiedersi dopo aver constatato nuovamente, e forse ancor più di prima, quanto sia invadente e avvilente il lato oscuro della nostra cosiddetta società civile? Nel terzo millennio, in un Paese industrializzato non si riesce ancora a far terminare quell'assurda guerra contro gli animali che è la caccia. Guerra alla natura, senza pietà, senza necessità; meglio sgombrare da subito i dubbi di coloro che hanno sentito cacciatori mascherarsi dietro improbabili atteggiamenti ambientalisti. Del resto non è una questione di termini e neppure di intenzioni, buone o cattive che siano. E' una questione di risultati, di devastazioni, panico e morte: questo è ciò che conta, ciò che è inaccettabile, imperdonabile, ogni anno di più. La caccia è un fenomeno oggi del tutto anacronistico e il suo impatto sugli ambienti naturali non considera che quegli stessi ambienti, compresi gli animali che ci abitano, sopravvivono già coi tanti problemi innescati dal nostro progresso e con le tante altre evenienze della vita selvatica. In quanto a tutela della fauna la Provincia di Pesaro e Urbino vive una situazione molto grave, nota a livello nazionale. In questi ultimi anni con la Giunta Ucchielli si è pagato il dazio dell'attribuzione di competenze alle province. E quando a decidere sulla vita e la morte degli animali c'è un'Amministrazione sfacciatamente dalla parte dei cacciatori, il risultato è una lunga serie di benefici e favoritismi. In un tale contesto, col passare del tempo la lobby venatoria ha incontrato, da un lato sempre meno personale di vigilanza che la controllasse, dall'altro sempre più territorio in cui esercitare l'attività e sempre più animali da abbattere. La spiegazione? Un Presidente della Provincia cacciatore che quando era al Senato ha passato parte del suo tempo dietro una aberrante proposta di legge che servisse a prolungare la stagione venatoria, poi una volta in carica si è preso per sè l'assessorato alla "tutela della fauna selvatica" (!?) e ha nominato due assessori provinciali guarda caso presidenti dei due Ambiti Territoriali di Caccia della Provincia. E poi come si può fare a meno di evidenziare che il capo-ufficio caccia è un dirigente nazionale dell'associazione cinghialai, che in questi anni sono stati spesi tanti soldi pubblici per ricorrere al Tar dopo le bocciature dei calendari venatori, o che la Provincia ha ripetutamente preso posizione contro l'istituzione di aree protette, o contro il loro corretto funzionamento. L'ultima stagione venatoria è stata l'apoteosi: i cacciatori si sono...controllati da soli; nessuna lotta al bracconaggio. Altri 1300 caprioli abbattuti perchè ritenuti troppi...., 3500 cinghiali braccati e trivellati di colpi (tanto se son finiti c'è chi li reintroduce....), altre 400 volpi stanate persino fuori dal periodo di caccia (anche loro sarebbero troppe), oltre 50.000 volatili precipitati a terra impallinati, dei quali buona parte sono piccoli uccelli grandi quanto la cartuccia..., e poi battute di caccia autorizzate (?) dentro le Oasi, tante altre non autorizzate (ma chi le controlla?) nelle aree demaniali, centinaia di comuni cittadini esasperati da cacciatori nel cortile, cani da caccia maltrattati, cani da caccia abbandonati, un sindaco (quello di Isola del Piano) che arriva al punto di vietare l'uso delle carabine dopo che un colpo ha semidistrutto un'auto. E ce ne sarebbero altre di prove inconfutabili che dicono con chiarezze che se c'è una specie protetta in questo territorio è solo il cacciatore, e che in questa Provincia, per lo più in questa Regione, sarà per il potere elettorale dei cacciatori, sarà per la scarsa competenza dei tecnici, ma la gestione faunistica coincide sempre e soltanto con la caccia, quando invece Regioni e Nazioni più evolute intervengono sul territorio, dal restauro dei boschi alla messa in sicurezza delle strade, dalla creazione di corridoi ecologici alla tutela dei predatori naturali. Eppure la questione caccia, e quindi la questione ambiente non può e non deve essere uno scontro sterile tra cacciatori e ambientalisti, semmai è un confronto tra una categoria pari all'1,5% della popolazione che esercita un'attività (e non chiamiamolo sport...) e la collettività che evidentemente a caccia non va e a favore o contro che sia conserva come suo, cioè dello Stato, il patrimonio faunistico, così come il diritto di passeggiare nei boschi, sentire gli uccelli cantare, vedere un daino brucare. Tutto questo per dire che nella caccia vi sono più d'un elemento socio-politico sul quale riflettere ma sarà che questi principi non sono poi così chiari se è vero, come è vero, che quanto avviene nelle Marche e a Pesaro è il prodotto di governi di centro-sinistra, mentre a Roma ovviamente si fa lo stesso, anzi peggio, col centro-destra. Allora non è una questione di partiti: la caccia è un male della società e si attenua o sparisce solo se la società si cura. In questo senso solo la sensibilizzazione, quindi la crescita culturale che porta al rispetto della natura, può col tempo e con dei sacrifici portarsi via una tradizione funesta.


Andrea Pellegrini
LUPUS IN FABULA

 

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