In provincia di Pesaro e Urbino continua a tener banco la questione lupo: anche se in questi ultimi giorni pare non ci siano stati altri attacchi agli animali d’allevamento, nulla esclude che non ve ne saranno in futuro, a meno di una profonda revisione dei modelli gestionali in zootecnica e attività venatoria. Cambiamenti che devono salvare gli allevatori da questo dramma e il lupo dagli attacchi verbali e materiali degli ignoranti e di chi si vuol fare giustizia da se. In provincia circolano insistenti voci di atti di bracconaggio su questo carnivoro protetto dalla legge e per l’uccisione del quale, va ricordato, si compie un reato penale. Circolano anche le dichiarazioni di alcuni rappresentanti dei cacciatori che non fanno altro che confermare quanto sia importante, in una vicenda così delicata, non perdere tempo dietro a insinuazioni puerili che evidenziano solo incompetenza, come ad esempio dire che gli ambientalisti avrebbero rilasciato i lupi… magari lanciandoli dagli elicotteri… Chi approfitta di questa situazione per lanciare accuse e fare polemica non aiuta la ricerca di una soluzione che per forza di cose va strutturata a vari livelli, coinvolgendo diversi settori. L’affermazione secondo cui la disponibilità di prede selvatiche è inversamente correlata alle predazioni di lupo sul bestiame non è un’invenzione degli ambientalisti ma il risultato di numerosi studi realizzati in Italia, non in Alaska… Sono gli studi di Meriggi (Habitat e dieta del lupo, pubblicato nel 1991) di Mencucci, D’Amico e Fabbri (Interazioni del lupo con le attività antropiche ed i popolamenti di ungulati, pubblicato nel 2002), di Mencucci e Cicognani (La dieta del lupo in relazione alla disponibilità di prede, pubblicato anch’esso del 2002) e altri ancora. Attenzione però, le popolazioni di selvatici sostengono una popolazione di lupi solo a certe condizioni: tra gli ungulati a disposizione devono essere garantite tutte le classi di età, con particolare riguardo ai giovani e ai sub-adulti; il disturbo antropico deve essere contenuto; gli animali d’allevamento e in primis le pecore devono essere governate con tutte le precauzioni. Ecco allora diventare indispensabile una revisione della gestione faunistica che in questa provincia prevede piani di abbattimento del cinghiale (prima preda in Italia per il lupo) in pratica senza vincoli ma pur riconoscendo l’assoluta necessità di proteggere le coltivazioni, dove queste non ci sono, cioè nei settori montani, va vietata l’uccisione degli esemplari giovani e le battute devono essere svolte con il solo uso del cane limiere; anche sul prelievo dei caprioli (seconda preda del lupo in Italia) bisogna intervenire riducendo ampiamente il numero di abbattimenti e vietare quelli dei giovani e degli anziani. Il punto è, che ci si creda o no, che il lupo predilige predare ungulati selvatici (inesperti o rallentati dall’età) piuttosto che uscire dal suo habitat e aggredire le greggi. Ma questo è valido se vi è anche l’ultima delle condizioni: le pecore e le capre devono essere gestite con un controllo continuo, agevolato all’occorrenza (notte, maltempo) dall’uso di stazzi mobili e cani pastore addestrati, muniti possibilmente di collare anti-lupo: basta andare a vedere cosa succede nei Sibillini…. Ragioniamo quindi su questi temi, non ci facciamo distrarre dalle risposte stizzite di chi accusa senza senso gli ambientalisti per cercare di rinsaldare i rapporti con allevatori e agricoltori; molti pastori e contadini hanno capito da tempo che i cacciatori non sono e non possono essere degli alleati gravando sulle loro spalle l’introduzione della varietà centro-europea di cinghiale e l’ignobile, anacronistico privilegio di entrare sui terreni privati causando tanti disagi e lamentele dei proprietari di aziende.