Da almeno due anni è entrata nel vivo la campagna di sensibilizzazione per la creazione di una grande area protetta nell’Appennino centrale, a cavallo delle regioni Marche e Umbria, tra i massicci montuosi della provincia di Pesaro e Urbino, quelli della provincia di Ancona e le frastagliate alte colline della provincia di Perugia. Un Parco Nazionale di circa 80 mila ettari; dall’Alpe della Luna (Sansepolcro, Borgo Pace, Mercatello sul Metauro), alle Serre (Città di Castello e Pietralunga), dal Demanio di Monte Vicino (Sant’Angelo in Vado), al Montiego (Urbania), dal Monte Nerone (Piobbico e Apecchio) al Monte Petrano (Cagli), dal Monte Catria (Cantiano, Frontone e Serra Sant’Abbondio) alla Piana di Maiano (Pergola), dal Monte Strega al Monte Cucco (Sassoferrato).
Dopo tante parole e tanto tempo concesso alle prepotenze di cacciatori e cavatori, ecco il vero e autentico corridoio ecologico in grado di collegare le Foreste Casentinesi, ma anche il Sasso Simone e Simoncello, al Parco del Monte Cucco e quindi i Sibillini. Un nuovo grande Parco per tutelare e promuovere le enormi ricchezze geologiche, forestali, morfologiche, monumentali e faunistiche, tra boschi e forre, imponenti pareti e colorati prati, castelli e borghi, allevatori e carbonai, sotto il volo dell’aquila, sotto lo sguardo del lupo, il guizzare delle salamandre e i balzi del capriolo. Un nuovo grande Parco per decretare una svolta economica e occupazionale in territori che vanno spopolandosi, che ancora troppo poco hanno investito nel patrimonio ambientale e culturale, che troppo hanno concesso all’avanzare dei tempi così da smarrire la memoria storica dei nobili mestieri come l’artigianato, l’agricoltura, la selvicoltura, o li hanno persi, o hanno dato spazio a nuove tecnologie invadenti e insostenibili. Il Parco consentirà di dare un marchio, una visibilità, una gestione complessiva.
Ma la campagna di sensibilizzazione deve smuovere le coscienze, suggerire dei ragionamenti, tranquillizzare e rassicurare chi vede nella parola Parco una serie di vincoli spaventosi, o un carrozzone di cariche e poltrone. Alla popolazione và spiegato ciò che si può e che non si può fare nel Parco, a cosa serve, a chi conviene, come è organizzato. Spiegare alle varie categorie quali sono i vantaggi specifici e che cosa cambia nella vita di un semplice cittadino. Perché da queste parti dire Parco significa per molti dire “vietato raccogliere i funghi, i tartufi, fare legna” o addirittura c’è chi teme non si possa più coltivare il campo o che si perde il diritto sulla proprietà privata. Sono retaggi culturali, pregiudizi e false credenze che comunque una corretta campagna di informazione può nel tempo modificare. Lupus in Fabula ha fatto arrivare nelle case di migliaia di famiglie depliant illustrati con semplici e incisive notizie sul possibile Parco; ha organizzato feste, escursioni, ha partecipato a convegni e conferenze, e ha persino promosso uno spettacolo teatrale sul tema. E’ nato un Comitato per il Parco a cui aderiscono numerose associazioni ambientaliste, culturali e sportive, ma anche agriturismi, centri sociali, cooperative e studi professionali. Un lavoro di gruppo per creare nel tempo, con le idee e il sacrificio di molti, una opinione pubblica favorevole al Parco. L’obiettivo è precorrere i tempi e costruire oggi la basi del progetto, affinchè questo nasca appunto dal basso, dal desiderio e dalle necessità delle popolazioni; poi il messaggio arriverà da solo alla classe politica che si muoverà di conseguenza, in democrazia, per gli interessi di tutti, anche della natura in questo caso. E il Parco, ora che se ne parla, pare essere il vero bersaglio dei nuovi recenti attacchi giunti sotto forma di cave, metanodotti, pedemontane, inceneritori, discariche, impattanti impianti eolici, improbabili infrastrutture sciistiche.
Il Parco è l’unica scelta conveniente; una scelta consapevole.