Nella puntata di Habitat (Radio Rai) del 3 novembre 2008 scorso è stata discussa la questione cinghiali e i pareri espressi da coloro chiamati ad intervenire hanno dato una visione assolutamente troppo parziale e incompleta della questione.
E’ stato detto con molta superficialità che il problema va risolto a partire dalle Aree Protette, poi che questi animali sono pericolosissimi per le persone, che danneggiano i boschi, senza considerare l’inesattezza di molti riferimenti biologici sulla razza centroeuropea oggi presente in Italia. Ma soprattutto si è accuratamente evitato di parlare, per giunta di nominare, gli artefici di questo problema, i cacciatori: coloro che hanno introdotto questo tipo di animale per il proprio divertimento e che tuttora ne tengono in vita le folte popolazioni (con frequenti immissioni clandestine) non consentendo di fatto di ridurne il numero dove il cinghiale effettivamente danneggia le coltivazioni. E poi come contraltare ai numerosi interventi legati alla lobby dei cacciatori si è pensato di interpellare ingenumente Ermete Realacci il quale invece nel mondo ambientalista vero non rappresenta nessuno, e che su questa materia è tra l’altro certamente incompetente.
Insomma è mancato un vero confronto e tutti gli interventi sono andati nello stesso senso, mentre la questione cinghiali è veramente tanto complessa, sia sul piano ecologico che su quello sociale. Come è possibile non citare, per esempio, l’importanza del cinghiale quale preda naturale che ha favorito tantissimo il ritorno del lupo lungo gli Appennini, distogliendolo dalla predazione sugli animali d’allevamento? Sul piano sociale non si intenda l’incolumità pubblica di chi va a camminare nei boschi, non almeno per un eventuale incontro con il cinghiale (mamma coi piccoli compresa) ma con i cacciatori di cinghiale: in molte aree di Italia la caccia al cinghiale è diventata un safari che calpesta ogni diritto degli altri cittadini e fa registrare ogni anno una media di 20 morti. I cinghialai sono spesso gruppi di persone armate dall’atteggiamento paramilitare che si prendono possesso di intere valli dove l’accesso alle persone è praticamente negato e dove ogni forma di vita viene braccata: avreste dovuto parlare anche con chi ha dovuto vendere casa o trasferirsi per le minacce ricevute dai cacciatori di cinghiale, di chi ha avuto finestre distrutte dai pallettoni, animali domestici uccisi e persino aggressioni fisiche. Si potrebbe anche parlare dell’abbandono e del maltrattamento dei cani, delle continue infrazioni alla legislazione venatoria e al codice della strada, con i fuoristrada dentro i boschi e nei prati.
Altro che salsiccie di cinghiale, bisognerebbe dire a Realacci: quelle si possono andare a prendere in macelleria senza che ci sia gente così prepotente che si diverte aggredendo la natura e le persone che hanno scelto di vivere in campagna, senza armi.
Per la Lupus
Andrea Pellegrini