Spett.le
Provincia di Pesaro ed Urbino
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Oggetto: Comune di Fano – Piano particolareggiato delle zone residenziali di completamento dei nuclei extraurbani B5- Delibera di C.C. del 22/05/2012 n. 17.
Con la presente vogliamo sottoporre alla vostra attenzione una sintesi delle osservazioni presentate alla variante in oggetto. A nostro parere, per le motivazioni sotto esposte, la variante andrebbe respinta o fortemente ridimensionata, perché in contrasto con una serie di norme e indirizzi, ma soprattutto perché non è finalizzata all’interesse pubblico, ma al soddisfacimento di interessi particolare e circoscritti, fra l’altro non sufficientemente motivati.
Secondo lo studio “Atlante del consumo di suolo nelle aree urbanizzate funzionali delle Marche” condotto dalla Regione e pubblicato nel 2009, a Fano si è passati da una superficie edificata di 507 ha del 1954 a 1.746 ha nel 2007; nello stesso periodo la popolazione è passata da 37.600 residenti a 62.200. Quindi mentre il popolazione è cresciuta del 165% la superficie urbanizzata è cresciuta del 287% con un incremento dell’indice di consumo del suolo che è passato dal 4,18 al 14,39 %.
Se è vero, come si dice nella “Relazione Illustrativa” del P.P. in esame, che “Il paesaggio costituisce il prodotto storico, in costante evoluzione, dei processi sociali economici e produttivi delle comunità locali” è altrettanto vero che la maggior parte dei cittadini non giudicano più ammissibile la manomissione del paesaggio, senza forti motivazioni di utilità sociale e di sostenibilità ambientale.
La bassa pianura del Metauro e la zona costiera, tra la strada statale adriatica e la collina, conservano ancora una forte identità riconoscibile nel paesaggio agrario e una vocazione naturale, che è quella agricola. Se si esclude la Frazione di Bellocchi, nella zona compresa tra la superstrada e la statale Flaminia le abitazioni sono sparse in un vasto territorio coltivato, e insistono prevalentemente lungo le strade comunali. Andare a perimetrare numerose porzioni di questo territorio dandogli l’identità di zone urbane, significa sacrificare per sempre la vocazione naturale della pianura del Metauro (ma ciò vale anche per le zone tra Metaurilia e Marotta) agli interessi del cemento.
Ciò contrasta anche con il “Documento di Indirizzi in materia di Pianificazione Urbanistica: criteri per l’adeguamento del PRG al PPAR e per la Definizione del Progetto Urbanistico” (P.T.C.P.), in particolare con il punto 1.3 – Sostenibilità delle Nuove trasformazioni Urbanistiche.
La ragione secondo cui gli ampliamenti di 120 mq, consentendo la permanenza sul luogo ai nuclei famigliari che si allargano, svolgono anche una funzione sociale e di presidio del territorio (pag. 3 Rel. Ill.va) è falsa e pretestuosa: a poche centinaia di metri dai lotti a cui sono stati concessi gli ampliamenti esistono aree già urbanizzate e/o costruite (fraz. di Bellocchi, Rosciano, Carrara, Ponte Sasso, Marotta, ecc) con appartamenti vuoti, in vendita o in affitto.
Nella Relazione illustrativa si dice che il Piano in oggetto è stato avviato in ottemperanza alle prescrizioni contenute nel parere di conformità agli strumenti urbanistici sovraordinati al PRG, espresso dalla Provincia di Pesaro e Urbino, ponendosi quale obiettivo prioritario da perseguire quello di “contrastare il fenomeno della dispersione insediativa salvaguardando al contempo il patrimonio edilizio rurale di interesse storico, nel rispetto dei vincoli esistenti sul territorio del comune e del sistema insediativo-infrastrutturale esistente, in base alle reali necessità di ampliamento dei fabbricati esistenti e delle loro caratteristiche architettoniche e volumetriche, nonché del relativo carico urbanistico che ne consegue”.
A nostro giudizio nessuno degli obiettivi sopra elencati è stato rispettato.
Condividiamo infatti i contenuti della “Valutazione di significatività degli impatti ambientali” espressa dalla P.O.in indirizzo alle pagg. 17, 18, 19 e 20 della determinazione n. 588 del 08/03/2011; non comprendiamo invece la decisione di escludere la variante alla procedura di V.A.S. condizionatamente all’accoglimento delle prescrizioni contenute nella stessa determina, e ciò per due motivi:
1) il P.r.g. approvato nel 2008 non era stato sottoposto a V.A.S. e quindi è necessario che varianti come questa, che interessano un terzo del territorio comunale, siano oggetto di valutazioni più approfondite e partecipate;
2) le prescrizioni, anche se attuate, non danno alcuna soluzione ai rilevanti problemi della dispersione insediativa (sprawl) che la variante genera, all’esubero di aree fabbricabili rispetto ai reali fabbisogni, ed alle motivazioni di interesse pubblico che dovrebbero essere alla base di qualsiasi scelta urbanistica.
Nel parere n. 2937/11 del dirigente del Servizio 4.2 della Provincia leggiamo che “al fine di contenere il consumo del suolo andrà valutata la possibilità di prescrivere la realizzazione degli ampliamenti articolati su due piani”. Non solo di questa prescrizione non c’è traccia nelle N.T.A. della variante, ma non ci sembrano nemmeno sufficienti, allo scopo di evitare fenomeni di sovraffollamento o speculativi, ne il limite di 54 mq di superficie utile calpestabile per ogni alloggio (in pratica in 120 mq si ricavano due alloggi), ne la norma che impedisce l’alienabilità delle superfici aggiunte prima di cinque anni dalla ultimazione dei lavori.
Anche la norma, di cui all’art. 35 c.9 delle nuove N.T.A., che subordina il permesso di costruire alla previsione da parte del comune dell’attuazione delle opere di urbanizzazione primaria nel successivo triennio, non risponde ai pareri di A.S.U.R., A.A.T.O., Servizio 4.1 della Provincia, che prescrivono che gli interventi edificatori siano sempre subordinati alla realizzazione e completamento delle reti acquedottistiche e fognarie (e non alla previsione!).
Inoltre al fine di tutelare la falda idrica superficiale a pagina 20 della Relazione Illustrativa si afferma di che “si ritiene opportuno evitare la realizzazione dei piani interrati o seminterrati” ma di tale prescrizione, che riteniamo doverosa, non c’è alcuna traccia nelle N.T.A.
La determina 588 del 08/03/2011 prescrive che le nuove zone B5 siano in prossimità di zone di completamento già esistenti o urbanizzate. Questa indicazione è stata tradotta dal Comune di Fano nella misura di “150 m. da zone di completamento già esistenti”. Riteniamo che questa distanza sia eccessiva perché include vaste porzioni di territorio agricolo, favorendo la dispersione insediativa.
L’art. 53 delle N.T.A. vigenti del Comune di Fano, detta precise regole per gli interventi edilizi nelle zone agricole: si ricorda il divieto di trasformare un edificio esistente in residenza qualora lo stesso sia stato realizzato originariamente come accessorio agricolo o comunque non destinato ad abitazione rurale. Nelle Schede dei Lotti rileviamo aumenti di volumi concessi a capanni, pollai, ricoveri attrezzi (es. schede NEU22-L06 e NEU23-L01), edifici rurali che hanno perso la funzione di abitabilità o trasformati in accessori agricoli (trasformazione che ha permesso la costruzione di nuove abitazioni vicine o addirittura in aderenza, es. scheda NEU23-L03). In alcuni lotti sono presenti solo queste strutture oppure ricoveri attrezzi trasformati in abitazioni presumibilmente a seguito di condono.
In merito alle 11 osservazioni presentate, proponiamo alla vostra attenzione il contenuto e le motivazioni.
1) Il P.P. in oggetto è in contrasto con la L.R. 13/1990 “Norme edilizie per il territorio agricolo” e la L.R. 14/2008 “Norme per l’edilizia sostenibile”.
Infatti la variante è uno strumento messo in atto per aggirare le norme che regolano le costruzioni nelle zone agricole (L.R. 13/1990 – art. 3). Tale normativa è stata emanata proprio per fermare il fenomeno, in atto negli anni ’60 e ’70, di proliferazione diffusa e disordinata di abitazioni in aree agricole, per esigenze abitative non sempre connesse con l’attività di imprenditore agricolo a titolo principale. Siamo convinti che tale norma non abbia perso la sua funzione, anzi oggi sembra essere l’ultimo baluardo per arginare il fenomeno dello “sprawl urbano”.
Inoltre contrariamente a quanto si sostiene nella relazione “Sostenibilità ambientale negli strumenti urbanistici” il P.P. non rispetta nessuno dei criteri di sostenibilità stabiliti dalla L.R. 14/2008, (Norme per l’edilizia sostenibile), art. 5, c. 1,ovvero: “l’ordinato sviluppo del territorio, del tessuto urbano…;la compatibilità dei processi di trasformazione ed uso del suolo con la sicurezza, l’integrità fisica e l’identità storico-culturale del territorio stesso; il miglioramento della qualità ambientale, architettonica…; la riduzione della pressione degli insediamenti sui sistemi naturalistico-ambientali, …;la riduzione del consumo di nuovo territorio, evitando l’occupazione di suoli ad alto valore agricolo o naturalistico….” La relazione “Sostenibilità ambientale negli strumenti urbanistici” non contiene le analisi di settore richieste dalla legge (art. 5, c. 2) ma è un documento insufficiente, contradditorio e pieno di inesattezze.
2) La variante che introduce 130 nuovi lotti edificabili pari ad una S.U.L. 15600 mq (49920 mc) non effettua nessuna verifica dello stato di attuazione del PRG relativamente alle aree residenziali coerentemente sia a quanto previsto in tal senso dal P.T.C.P. vigente, ma anche in ossequio al principio sancito dalla nuova L.R. 22/2011 sulla riqualificazione urbana, che prescrive che non può essere attivata nessuna variante ai PRG vigenti sino a quando gli stessi non siano attuati almeno sino al 75% delle loro previsioni (art. 11). Ricordiamo che l’adozione è stata effettuata in tutta fretta pochi giorni prima dall’approvazione della suddetta L.R. proprio per eluderne gli effetti.
Inoltre nella Relazione si afferma che “le reti tracciate potrebbero non essere rappresentative della situazione effettivamente presente sul territorio, in quanto in molti casi i dati a disposizione non erano certi o comunque non verificabili in maniera puntuale in sito”. Quindi l’incertezza della presenza funzionale e funzionante di opere anche di urbanizzazione secondaria nei diversi nuclei o agglomerati rurali assoggettati al presente P.P. porta a considerare le zone interessate da nuova edificazione come vere e proprie aree di espansione residenziale, considerato che le stesse risultano fortemente carenti non solo di opere di urbanizzazione secondarie, ma addirittura di quelle primarie. In tale scenario il P.P. dovrà indicare anche le aree da cedere al Comune per opere di urbanizzazione secondaria (verde attrezzato pubblico, parcheggi pubblici..) a servizio del relativo nucleo o agglomerato ed in rapporto alla edificabilità complessiva in esso prevista, nonché ai fabbisogni pregressi che dovranno puntualmente essere verificati caso per caso.
Il non rispetto di tale procedura può configurare un danno all’erario in quanto ad arte si spacciano per zone di completamento aree ancora libere addirittura agricole prive di urbanizzazioni che dovrebbero soggiacere invece, piccole o grandi che siano, alla disciplina propria delle aree di espansione con obbligo di cessione di superfici per le opere di urbanizzazione secondarie.
3) Gli art. 35 e 36, c.3, delle nuove N.T.A. specificano che “gli indici si applicano ai soli lotti già edificati, intendendosi che in tali zone non sono ammesse nuove costruzioni ma solo ristrutturazioni ampliamenti e demolizioni con ricostruzione”. Poi al c.4 dell’art. 35 si stabilisce che la S.U.L. aggiunta può essere “anche staccata dall’edificio principale”. A nostro avviso c’è una contraddizione evidente all’interno della norma, perché la S.U.L. aggiunta staccata dall’edificio principale è di fatto una nuova costruzione. Se tale agevolazione può essere comprensibile e giustificabile per gli edifici censiti al catasto pontifico o di primo impianto per evitarne lo snaturamento tipologico, non è ammissibile per i restanti lotti.
Infatti la costruzione in sede separata, invece che rispondere esclusivamente alla necessità di nuovi vani per il nucleo famigliare, può prestarsi ad operazioni di speculazione edilizia dal momento che dopo 5 anni i nuovi edifici potrebbero essere alienati. Quindi si chiede che la norma sia modificata, limitando la possibilità di ampliamento in sede staccata, e aumentano il vincolo di inalienabilità a 10 anni.
4) Ai sensi dell’art. 3 delle N.T.A. (Sistema Paesistico Ambientale) del P.R.G. vigente nelle zone a tutela orientata “…sono consentite le opere minori e complementari relative agli edifici esistenti…ivi comprese le nuove abitazioni a servizio delle aziende agro-silvo-pastorali” e inoltre è vietata “…ogni nuova altra edificazione…”, pertanto riteniamo che gli ampliamenti previsti dal P.P nella fascia costiera (120 mq. realizzabili anche in maniera staccata dall’edificio principale) non siano compatibili con le esigenze di tutela, non potendo configurarsi come opere minori ma come nuove abitazioni.
Per quanto concerne il rapporto del P.P. con le zone vincolate si evidenzia che: i lotti NEU22-L06, NEU23-L05-L06-L07-L08, NEU07-L07, NEU16-L01-L02, ricadono in aree di tutela di cui all’art. 142 e 136 del D.Lvo. 42/2004 (vincolo paesaggistico) e ss.mm.ii., e/o nel vincolo di P.P.A.R.“litorali marini” (art 11 N.T.A. vigenti); i lotti NEU03-L01-L02, NEU09-L01-L02-L03, ricadono nel vincolo “aree e strade archeologiche” (art. 20); i nuclei NEU17, NEU18, NEU19, NEU21, NEU22, NEU23 ricadono nel vincolo aree soggette a pericolosità idrogeologica-falda inf. a 5 m. (art. 7); quindi sarebbe opportuno, per assicurare una piena salvaguardia ambientale, modificare il perimetro dei nuovi nuclei o escludere i lotti che sono interessati dai vincoli.
5) Facendo un confronto tra gli elaborati “Tav2_Reti”, “Tav2_PPAR” e “Tav1_Vinc_Prg” rileviamo che per i seguenti lotti che sono in zona di vincolo per “Zona di Rispetto dei pozzi comunali” e per “Falda inf. a m. 5” non è previsto l’allaccio alla rete fognaria: NEU05-L10-L12-L13-L14, NEU16-L01-L02, NEU23-L04, NEU18-L01, NEU17-L03.
Chiediamo che tali lotti siano stralciati dal Piano o quanto meno sia reso obbligatorio il collegamento alla rete fognaria pubblica.
6) Nella relazione e negli elaborati del P.P. non è presente nessun dato che dimostri che l’individuazione del perimetro dei nuovi nuclei extra-urbani sia stato fatto nel rispetto del D.M. 2.4.1968 n°1444: “sono considerate zone territoriali omogenee … B le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A: si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;)”
Dal momento che le nuove zone residenziali interessate dal P.P. si collocano in gran parte in aree quasi del tutto prive di opere di urbanizzazione secondaria ed addirittura in assenza di quelle di urbanizzazione primaria, e considerato che il PRG vigente prevede nuove aree di espansione C1 e C2 per 408.000 mq (da Verifica Standard Urbanistici e Dati Dimensionali), è assolutamente necessario verificare che la norma del D.M. 1444 sia rispettata affinché non si contrabbandino delle vere e proprie zone di espansione come zone di completamento (zone territoriali omogenee B).
7) Infine si segnala che l’osservazione n. 27 sub 7 presentata dalla scrivente associazione e parzialmente accolta nella deliberazione 117 del 22/05/2012 sembra non sia stata recepita nelle tavole del Piano adottato in via definitiva.
Restando a disposizione per confronti e chiarimenti in merito a quanto sopra esposto, porgiamo i nostri più distinti saluti
Fano, 19/07/2012
Il V. presidente
Claudio Orazi