CACCIATORI: UNA SPECIE CONDANNATA ALL’ESTINZIONE !

Dall’ultimo comunicato stampa della LAC Marche ormai è ufficiale: nell’elenco delle specie animali a rischio di estinzione, oggi deve esserne inserita una nuova: i cacciatori! In base ai dati ufficiali dell’ultima stagione venatoria 2011 – 2012, si ricava infatti, che nelle Marche i cacciatori sono ridotti ormai a poco più di 25.000 (26.749), con un calo netto del 25% negli ultimi 8 anni. Una diminuzione costante ed inesorabile, se si considera che solo 20 anni fa, nel 1992, essi erano quasi il doppio di oggi (46.799). In media, si tratta quindi di un calo di quasi 1.000 cacciatori all’anno, il che significa che, di questo passo, tra 20 anni essi si saranno praticamente estinti! Ma i dati, ufficiosi, riferiti alla stagione in corso, indicano un ulteriore tracollo del numero dei cacciatori marchigiani, che anticiperebbe quindi di vari anni la loro estinzione. Per quanto riguarda la ripartizione provinciale, vediamo che la Provincia con il maggior numero di cacciatori è quella di Pesaro e Urbino (9.159), mentre quella con il minor numero è Fermo con 2.590. Se consideriamo invece gli ATC, quello più numeroso è l’ATC PS 1 con 4.794 iscritti, mentre quello meno consistente è l’ATC MC 1 con 2.100 tesserati. Ma il calo del 25% dei cacciatori negli ultimi dieci anni è confermato anche nei dati che arrivano da altre Regioni italiane, come l’Emilia Romagna, la Toscana, la Liguria, l’Umbria, peraltro quelle con la maggiore densità di cacciatori in rapporto al territorio e dove la caccia è più radicata. Estendendo, quindi, queste percentuali anche al resto d’Italia, possiamo stimare che il numero attuale dei cacciatori italiani non dovrebbe superare le 600.000 unità. Inoltre, un altro indice incontrovertibile del destino ormai segnato della caccia in Italia è l’età avanzata dei cacciatori, visto che oltre l’80% di essi  ha più di 50 anni e, di questi, quasi il 30% ha oltre 70 anni, mentre appena il 3% ha meno di 30 anni! Proprio per contrastare questo invecchiamento, le associazioni venatorie stanno cercando da tempo di entrare nelle scuole, per diffondere la pratica della caccia fra le nuove generazioni e sperare di ricavarne così qualche futuro cacciatore. Come pure, si moltiplicano i casi di cacciatori che portano i propri figli piccoli alle battute di caccia, esponendoli a gravissimi rischi, come è accaduto pochi giorni fa in Sardegna ad un bambino di 12 anni, morto per una fucilata alla testa mentre accompagnava il padre ad una battuta di caccia al cinghiale! E se non fosse proprio per la caccia al cinghiale, di gran lunga la più praticata, poiché da essa i cacciatori ne ricavano un guadagno economico con la vendita degli animali uccisi, a quest’ora staremmo qui a commentare un fenomeno del tutto irrilevante e marginale. Perché la caccia odierna ha perso ormai tutti i connotati classici e tradizionali di un tempo e si è ridotta ad un mero business economico. Parallelamente al declino della caccia “regolamentata”, assistiamo però, non a caso, anche ad un preoccupante aumento del bracconaggio, a dimostrazione di come la “caccia” e il “bracconaggio” funzionino come “vasi comunicanti” e, in pratica, rappresentino le due facce della stessa medaglia! Gli unici a non essersi accorti di questo disfacimento venatorio sono però i nostri politici ed amministratori che, malgrado i cacciatori rappresentino ormai solo lo 1% dell’intera popolazione italiana, di fatto hanno delegato proprio a questa esigua minoranza l’intera gestione del territorio agro – silvo – pastorale nazionale, che invece appartiene a tutti i cittadini, anche a quelli contrari alla caccia, che peraltro rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione. Questa disparità di trattamento, totalmente a favore dei cacciatori, che non ha eguali in nessun altro Paese civile, sta determinando degli infiniti conflitti sociali con coloro che hanno deciso (e sono in costante aumento) di andare a vivere o a lavorare in campagna e la cui esistenza viene enormemente messa a rischio e penalizzata, per almeno 5 mesi all’anno, proprio da chi invece della caccia ha fatto il proprio passatempo preferito. Un’anomalia tutta italiana, che sta determinando un aumento esponenziale di incidenti, anche mortali, che vedono coinvolti, non solo cacciatori, ma anche gente comune. Una situazione ormai divenuta intollerabile, ed alla quale si metterà presto la parola fine, senza aspettare la “naturale” estinzione dei cacciatori, solo grazie ad un referendum popolare che abolisca per sempre questa pratica barbara e anacronistica chiamata “caccia”!

Danilo Baldini – Delegato responsabile della LAC per le Marche