COMUNICATO STAMPA                      ASSOCIAZIONE onlus LA LUPUS IN FABULA

I problemi dell’impianto di risalita del Monte Catria non hanno sorpreso nessuno. Le associazioni che come la nostra avevano sollevato tante perplessità sull’investimento fatto 5 anni fa avevano ragione. Puntare sulla creazione di un polo sciistico sul nostro Appennino è una chimera che se dovesse ambire a raggiungere un privato, fermo restando il rispetto di tutti i vincoli ambientali e paesaggistici, non ci sarebbe niente di scandaloso, ma che questa improbabile scommessa la si faccia coi soldi pubblici non è accettabile. Se un impianto funzionasse la manutenzione delle sue strutture, o la loro sostituzione, dovrebbe essere un investimento dello stesso gestore. Invece a causa dei tanti difetti nella progettazione, della mancata piena valorizzazione del territorio e della fallimentare pianificazione della circolazione stradale sul monte, le tasche della Regione, dove ci sono i soldi di tutti noi contribuenti, si dovrebbero riaprire per un’altra ingente spesa di un milione di euro. Il problema non sono tanto i bidoni che trasportano clienti effettivamente al gelo in inverno; il problema è che quei bidoni girano vuoti (quando girano) per la maggior parte del tempo, anche in tutte le altre stagioni, anche in estate quando un po’ di fresco la gente lo cerca. Del resto, se non vengono chiuse le tante strade che salgono sul monte, in quanti effettivamente rinuncerebbero alla comodità della macchina per sobbarcarsi la spesa dell’impianto di risalita? Strade che ovviamente potrebbero rimanere percorribili per pastori e proprietari dei terreni, oltre che per i mezzi di servizio, ma con sbarramenti stabili a “I Vai” sulla strada di Acquaviva, a “Valpiana” sulla strada del Mandrale, a “Fonte Luca” sulla strada di Chiaserna e con la chiusura della strada di Pian d’Ortica (a Cà Strada) e delle Scalette (a Fonte Avellana), tutta la gente che vorrà continuare a salire in quota opterà per la bidonvia, dalla primavera all’autunno, con grandi benefici per la conservazione della ricca e delicata natura del Catria. Ribadiamo quanto era stato scritto 5 anni fa: le giornate effettive di lavoro per il turismo dello sci sono per forza di cose troppo poche per sostenere la gestione ordinaria, figuriamoci quella straordinaria, di un impianto del genere. Dato che ormai è stato commesso l’errore di ripristinare il vecchio impianto guarda caso già costato 2,5 milioni di euro invece di smantellarlo, ora va ricercata con serietà e unità d’intenti la strategia giusta per renderlo economicamente sostenibile, affinché abbia nei tempi dovuti la capacità di garantirsi manutenzione e ammodernamenti. Tutto ciò però passa dalla rimodulazione di tutti gli accessi alla montagna, indipendentemente che sia comune di Frontone o di Cantiano, Cagli, Serra Sant’Abbondio o che sia addirittura Umbria. Questo ruolo deve averlo quel bene prezioso che è la Comunità Montana del Catria e Nerone, con la quale è auspicabile si possa intraprendere decisamente la strada che porta al Parco Nazionale del Catria e Nerone, una svolta che riqualificherebbe tutto il territorio e tutte le attività e le emergenze che in esso sono contenute, compreso l’impianto di risalita del Monte Catria. I soldi pubblici che arriverebbero col Parco andrebbero a vantaggio di tutta la collettività; mentre quelli che finanziano singole imprese private destinate purtroppo a non potersi sostenere da sole costituiscono oggi più che mai un capitolo di spesa poco democratico e molto rischioso.