Cortese redazione de Il Resto del Carlino – Pesaro, desidero inviarvi questo mio commento sull’articolo:
Micini abbandonati, la richiesta in Procura “Accertate il Dna di quella gatta”.
I contenuti e i toni dell’articolo sono irriguardosi nei confronti di quella sensibilità che ha permesso che in Italia vi fossero leggi cosiddette “civili” come quelle che tutelano gli animali d’affezione. I quali non sono un vezzo della società moderna ma una presenza utile, amata e apprezzata nella vita degli esseri umani da migliaia di anni. Cani e gatti di proprietà sono quasi 8 milioni in Italia, di fatti vi sono servizi sanitari preposti alla loro tutela e gestione, vi sono numerose professionalità anche nel campo medico per la loro cura e per la loro interazione con l’uomo, fin anche la loro determinante partecipazione a processi di guarigione in malattie come l’autismo, la depressione, senza parlare poi dell’aiuto ai portatori di handicap. Siccome cani e gatti sono tanti principalmente perché sono tante le persone che vogliono arricchire la propria vita con questi affettuosi amici, succede che ci debbano essere altre persone che verifichino che tutti i padroni si comportino nel giusto modo perché senza regole, quando si parla di animali come quando si parla di persone, la società che si ritiene civile affonda nel caos e civile non è più. Non tutti i cani e i gatti hanno una casa, quasi sempre per colpa dell’uomo, e non tutti i cani e gatti hanno padroni che hanno preso coscienza di quale importanza rivesta oggi il controllo delle nascite. Siccome anche l’Italia come gli altri paesi civili 20 anni fa ha deciso che era incivile uccidere cani e gatti randagi, oggi il randagismo va prevenuto con tutte le metodologie in nostro possesso per contrastare la criminalità, quindi anche con il controllo del DNA. E se a persone ignoranti o semplicemente insensibili a queste problematiche sconcerta che la magistratura si occupi di queste cose va ricordato che nessun animalista vorrebbe che si spendessero ingenti somme di denaro pubblico per i canili e i gattili (quasi 2 milioni di euro all’anno nelle Marche) semplicemente perché canili e gattili non dovrebbero servire ad accogliere e ospitare cani e gatti abbandonati da persone che infrangono le leggi ma solo per curare quegli animali più sfortunati portatori di handicap o malati; per questo tipo di strutture che hanno essenzialmente uno scopo sanitario, prendendo l’esempio dei gattili di Urbino, Fano e Pesaro, di denaro pubblico ne occorre molto meno visto che i rispettivi comuni spendono una cifra pari ad una spesa pro-capite che va dai 30 ai 50 centesimi all’anno.
Insomma, fare ironia gratuita e sterile su questo argomento è quanto meno anacronistico, e rischia da un lato di stimolare comportamenti criminali e dall’altro di avvallare atteggiamenti già fin troppo superficiali, per non dire di peggio, delle autorità preposte al controllo (forze dell’ordine, a partire dalla Polizia Municipale) e alla repressione dei reati (Procura della Repubblica).
Andrea Pellegrini
consigliere Lupus in Fabula