C’era da aspettarselo! Dopo le recentissime esondazioni di fiumi e torrenti locali, rieccoci a dover fare i conti con alcuni imprenditori locali che annusando il nuovo potenziale business su ghiaie e legname, preme per portare ruspe e motoseghe all’interno dei corsi d’acqua.

Il piano Cave non permette questa possibilità, ma una recente legge regionale, la n. 31 del 12/11/2012 denominata “Norme in materia di gestione dei corsi d’acqua” consente la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria e ordinaria per la prevenzione e la messa in sicurezza con la valorizzazione del materiale litoide e della massa legnosa residuale. Ed è appunto a questo materiale che puntano gli imprenditori.

Non siamo certamente contrari alla realizzazione di casse di espansione, e a interventi di manutenzione circoscritti e puntuali qualora sia dimostrata la fragilità di un argine o vi sia un evidente sovralluvionamento, così come non si è contrari a che una Amministrazione Pubblica si muova cercando di contenere i costi. Ma occorre precisare che, ancora una volta, affrontando il problema del rischio idrogeologico la discussione sembra focalizzarsi sugli interventi a valle, sugli elementi ricettori (fiumi), ignorando sia la logica che le buone e ormai collaudate pratiche di gestione del territorio che imporrebbero organici interventi sul bacino idrografico nel suo insieme. E’infatti la totale assenza di proposte sistemiche che affrontino a 360 gradi la questione “gestione del territorio” a rendere poco credibili le dichiarazioni di alcuni politici e di alcune associazioni di categoria.

Siamo certi che il rischio idrogeologico e le tragedie che trascina e di cui siamo, come tutti, profondamente dispiaciuti, non si affrontano solo con opere edili. Bisogna invece mettere in discussione gli stili di vita che provocano il riscaldamento del pianeta e fenomeni metereologici sempre più devastanti; cambiare le norme che consentono di denudare le montagne; vigilare sulle norme di polizia rurale; cambiare la politica delle grandi opere e invece di insistere su TAV, passanti, circonvallazioni, nuove autostrade come la Fano – Grosseto, considerare che la più grande opera di cui ha bisogno il Paese è il risanamento del territorio; dire finalmente basta al cemento, allo sviluppo urbano diffuso e puntare esclusivamente alla riqualificazione dell’enorme patrimonio edilizio esistente.

Ci si accorge che viviamo in un territorio fragilissimo, che abbiamo costruito a ridosso dei corsi d’acqua, che abbiamo impermeabilizzato oltre il limite, solo dopo i disastri.

Ma la soluzione è sempre la stessa: scavare i fiumi, trasformarli in canali, aumentare la velocità di deflusso. Invece di curare il territorio evitando che frani tutto a valle si vuole trasformare i fiumi in autostrade di acqua e fango, ignorando gli equilibri biologici.

Contro questa politica miope e pericolosa ci batteremo sempre con determinazione.

Fano, 16/11/2013

 

La Lupus in Fabula                                        Legambiente Pesaro

Claudio Orazi                                                   Enzo Frulla