Le Associazioni Ambientaliste WWF – Legambiente – La Lupus in Fabula ed il coordinamento pesarese di S.E.L., intervengono in merito alla insensata e pericolosa decisione (oltre che probabilmente illegittima, anche se ora supportata dalla altrettanta insensata decisione della Regione Marche) di alcuni Sindaci dell’entroterra, che sembrano pedissequamente rispondere alle profferte da “salvatori della Patria” di alcuni Cavatori (di ghiaia) locali.

Oggi tutti gli appelli sono per la liberazione di fiumi, torrenti e corsi d’acqua dalle catene di cemento e asfalto che abbiamo imposto loro negli ultimi duecento anni.

In realtà, andando contro ad uno dei più banali ma anche pericolosi luoghi comuni, non risolviamo tutti i problemi dei fiumi liberandoli anche dalla ghiaia e dalla vegetazione, anzi ne decretiamo la morte definitiva.

Serve un progetto complessivo e multi obiettivo come prescrive la direttiva  alluvioni n.60 del 2007, una gestione del rischio idraulico che tenga conto non solo della salvaguardia della vita umana, ma anche dell’ambiente, delle valenze sociali e culturali di un fiume

Lo abbiamo visto nel 2011 a Genova, che ha intombato e dimenticato la ricchezza delle sue acque, e lungo il fiume Vara, un  tempo largo quasi un chilometro e oggi ridotto a poco più di cento metri. Lo abbiamo toccato con mano alle Cinque Terre, dove, se non continui a spezzarti la schiena in montagna, la scommessa di sopravvivere nel posto meno indicato del mondo la perdi senza pietà. E lo abbiamo provato sulla pelle viva all’isola d’Elba, a Messina, in Calabria e perfino a Roma.

E, non ultima, in Sardegna, bersagliata dalle bombe d’acqua figlie di un cambiamento climatico cui ci siamo quasi rassegnati. Più ingessi i bacini fluviali, più usi cemento e briglie, più innalzi gli argini, tanto peggio starai in caso di piena ragguardevole: un territorio sclerotizzato è preda del rischio idrogeologico molto più di uno vergine.

La Riqualificazione Fluviale (R.F.) è un insieme integrato e sinergico di azioni e tecniche, di tipo anche molto diverso (dal giuridico-amministrativo-finanziario, allo strutturale), volte a portare un corso d’acqua, con il territorio ad esso più strettamente connesso (“sistema fluviale”), in uno stato più naturale possibile, capace di espletare le sue caratteristiche funzioni ecosistemiche (geomorfologiche, fisico-chimiche e biologiche) e dotato di maggior valore ambientale, cercando di soddisfare nel contempo anche gli obiettivi socio-economici (CIRF).  In un progetto di Riqualificazione Fluviale è quindi opportuno considerare un corso d’acqua come un sistema estremamente complesso di elementi fisici strutturali detti unità geomorfologiche che interagiscono dinamicamente con le portate che lo attraversa, dalla reciproca combinazione di questi elementi si genera un’unità multidimensionale che è l’habitat fluviale.

E’ quindi inutile se non proprio dannoso cercare scorciatoie che portano a risolvere interessi particolari e puntuali, in una spinta emozionale assolutamente irrazionale, è necessario uno studio scientifico idromorfologico ed ecologico del sistema fiume in una ricerca di mediazione reale tra le nostre esigenze sociale ed economiche e la naturalità fluviale.

Queste decisioni procurano una “strana” sensazione: si approfitta del disastro, del lutto, per permettere di depauperare ancora la collettività con la scusa della sistemazione idraulica. Anche la ghiaia del fiume e la sua vegetazione sono beni collettivi, ma imponendo procedure d’urgenza si scavalca qualunque valutazione seria sulla reale necessità e sensatezza dell’intervento e si procede, da parte di chi è stato votato per gestire la “cosa pubblica”, senza lungimiranza e rincorrendo in modo arrafazzonato l’emergenza. Degradando sempre più il sistema fluviale, che ricordiamo non è la sola asta fluviale ma tutto il suo bacino, si lucra sui danni futuri e sulla spese pubbliche future. In tutto il mondo si lavora per rallentare le piene, depotenziarle, farle assorbire dal sistema, da noi si continua a pensare al fiume come ad un canale senza relazione con suo bacino imbrifero. Se da una parte la “non competenza” e la voglia di guardare al proprio bilancio sono purtroppo oggettivi, dall’altra la politica non può permettersi di essere non preparata, troppo assertiva, superficiale. Con la gestione corrente dei fiumi, a furia di rettifiche e escavazioni, siamo diventati un girone dell’inferno dantesco ogni volta che piove; vogliamo continuare nell’errore?

Pesaro, 22 novembre 2013