Da alcuni giorni sulle pendici del Monte Acuto è iniziata la strage dei faggi. Non si tratta del solito taglio ceduo che spelacchia crinali e versanti, ma di un intervento invasivo ed estremo che prevede la completa eradicazione delle piante e la definitiva perdita di importanti porzioni di bosco. Alle motoseghe seguiranno le ruspe che toglieranno le radici e livelleranno le contropendenze. Il bosco non potrà più ricrescere e al suo posto saranno realizzate piste da sci e impianti di risalita.
Il progetto, finanziato dalla Regione attraverso le tasse dei cittadini marchigiani, prevede una spesa di circa 3.500.000 euro ed è finalizzato all’allargamento delle piste, alla costruzione di due seggiovie (la prima è già stata inaugurata il 4 gennaio scorso), di uno skylift e di un impianto di innevamento artificiale.
Questi interventi stanno comportando la scomparsa di 2,6 ettari di faggeta, di età tra i 25 e 63 anni ad una altitudine compresa tra 1200 e 1450 metri s.l.m. in un’area in cui sono presenti una decina di vincoli. Contro questo progetto, che la Provincia di Pesaro ed Urbino ha escluso dalla Valutazione di Impatto Ambientale, la Lupus in Fabula ha presentato nel 2016 le proprie osservazioni, ed ha organizzato, nei giorni scorsi, un sit-in, in località Le Gorghe, dove i volontari dell’Associazione hanno steso uno striscione con la scritta “MILIONI SPRECATI- BASTA SCEMPI”.
Lo scopo è quello di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’assurdità di un investimento che devasta la montagna più bella della provincia per assecondare un progetto, quello di una stazione sciistica, che è destinato a dimostrare, con il tempo, la sua insostenibilità economica e ambientale. Mentre sulle Alpi chiudono impianti a 1400 metri di quota, a Frontone, cioè a circa 40 km in linea d’aria dal mare, si decide di costruire, una seggiovia che parte da 1200 metri, per trasportare improbabili “frotte” di sciatori fino al rifugio Le Cotaline a 1400 metri s.l.m.
I cambiamenti climatici in corso, anche se possono portare talvolta copiose nevicate, non assicurano temperature tali da garantire all’attività sciistica una sufficiente distribuzione stagionale.
La scorsa stagione gli impianti di risalita (ad eccezione della bidonvia) hanno funzionato pochissimi giorni, perché le condizioni metereologiche e quelle del manto nevoso non erano tali da giustificarne l’apertura.
Ovviamente i gestori della società Monte Catria Impianti, che è un’azienda privata, sono ben felici di un investimento pubblico che renderà più redditizia la loro gestione, così com’è chiaro che quanto sta accadendo ha dei precisi responsabili. Il presidente della Giunta Regionale Ceriscioli, il vice presidente del Consiglio regionale Claudio Minardi, il presidente della Provincia Tagliolini e il sindaco di Frontone Passetti hanno assecondato e voluto questo progetto, sostenendo che i nuovi impianti di risalita saranno un volano per il turismo nel comprensorio del Catria, ma trascurando completamente la prospettiva a cui andremo incontro entro una ventina di anni a causa dei cambiamenti climatici.
La Lupus sostiene, invece, che gli impianti da sci siano un paradosso per questi territori e che i finanziamenti impegnati siano soldi sprecati, che potrebbero essere più utilmente destinati a qualificare le strutture ricettive, a migliorare la sentieristica e la segnaletica o addirittura potrebbero essere trasferiti ad altri capitoli di spesa più necessari e sofferenti come la sanità o la ricostruzione post terremoto.
Fano, 23-05-2018