“La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale” – “L’esercizio dell’attività venatoria è consentito purché non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole”. Così recitano i primi due commi dell’art. 1 della legge 157/92 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). Ma questi principi sono disattesi da continue modifiche e deroghe alle leggi regionali che discendono dalla legge quadro nazionale.
Nonostante i cacciatori siano numericamente diminuiti, continuano a fare sentire la loro influenza, perché ben organizzati, molto motivati, ma soprattutto perché sono supportati da un indotto molto potente, il mercato delle armi, e da politici che, grazie ai loro voti, riescono a farsi eleggere negli enti locali.
Nell’assemblea regionale delle Marche i paladini della caccia sono i consiglieri Federico Talè e Renato Claudio Minardi che nelle ultime settimane fanno a gara su chi è più bravo a interpretare le richieste dei cacciatori, con modifiche peggiorative della Legge regionale 7/1995. Quindi vediamo che Talè presenta una richiesta di modifica della modalità di annotazione dei capi abbattuti sul tesserino in dotazione dei cacciatori, seguito una settimana dopo da Minardi che propone una PdL (Proposta di Legge) che in parte ha gli stessi contenuti. Lo scopo è quello di permettere ai cacciatori di avere meno vincoli, regole e controlli, anche se le modifiche contrastano con la legge quadro nazionale e le direttive comunitarie oppure sono di difficile gestione o di dubbia interpretazione.
Da alcuni mesi anche le associazioni ambientaliste vengono chiamate in audizione dalla competente commissione consiliare per dire la loro sulle PdL che sono proposte dai consiglieri, ma è si tratta di un inutile rituale perché la commissione e poi il consiglio regionale non recepiscono mai le osservazioni dei difensori della natura, sia che riguardino il calendario venatorio, sia la normativa regionale che regola la caccia.
A noi non resta che ricorrere al Tar, al Consiglio di Stato o alla Commissione Europea, e continueremo a farlo fintanto che in Regione non ci sarà una classe politica all’altezza del compito che le è stato affidato, nella difesa degli interessi comuni e non delle lobbies.
Fano, 22/09/2018
Claudio Orazi
v.Presidente