La verità viene sempre a galla
“Potenziamento della condotta adduttrice che collega la fonte di approvvigionamento denominata Pozzo Burano con il centro di Cagli e realizzazione di un nuovo tratto di collegamento tra Cagli e l’esistente ramo di Acquedotto che collega le fonti del M.te Nerone con il potabilizzatore sito in loc. Pole presso Acqualagna…”. Questo è quello che recita la relazione dell’Autorità Nazionale Regolazione per Energia Reti e Ambiente dell’11 Aprile 2018 su cui è stato poi costruito il Piano Nazionale degli Acquedotti per la parte che riguarda la provincia di Pesaro. Di fatto si stanno creando le condizioni per captare acqua, in quantità e continuità, dal Pozzo del Burano da sempre considerato una fragile RISERVA da utilizzare solo in caso di emergenza formalmente dichiarata. Questo è almeno quello che credevano i cittadini. In realtà, da dopo la legge regionale 15/2000, tutte le novità normative prodotte sulla materia hanno avuto il solo scopo di togliere tutele agli acquiferi sotterranei per poter arrivare ad attingere senza troppi problemi. Gli “appetiti” dei gestori del servizio idrico integrato si sono accompagnati alla scarsa “attenzione” di amministratori e politici sempre alla ricerca della soluzione più facile. Gli studi fatti sul Pozzo non sembrano ancora aver fugato i dubbi sui possibili danni che un prelievo consistente e permanente potrebbe produrre sugli equilibri ecologici, ma si va comunque avanti. Sembra ormai certo che il Pozzo abbia tempi di ricarica di circa quindici anni, sempre che piova. Quali certezze ci sono che non si capti più di quanto viene ricaricato? Quali le conseguenze per i corpi idrici di superficie? Questa provincia è ciclicamente in emergenza idrica, abbiamo difficoltà a reperire acqua per i nostri rubinetti, ma la Regione non trova difficoltà a rinnovare concessioni per le acque minerali. Ancora una volta il privato prima del pubblico. Non occorre molto altro per capire che l’unico obiettivo è lo sfruttamento incondizionato del territorio.
Ha ragione il Forum dei Beni Comuni quando indica negli amministratori i maggiori responsabili della situazione di precarietà ed incertezza prodottasi attorno al servizio idrico integrato. Gli effetti per l’ambiente (a causa della crisi idrica, è stata nuovamente autorizzata una deroga al deflusso minimo vitale del Metauro),potevano esser prevenuti o maggiormente mitigati se la programmazione di settore fosse partita almeno una ventina di anni fa. Invece, a quanto pare, l’unica cosa su cui i nostri amministratori sembrano aver avuto da sempre le idee chiare è stato ed è sfuggire alle proprie responsabilità esternalizzando e privatizzando servizi essenziali come quello della gestione dell’acqua!
Cagli 26 ottobre 2019