PULIZIA DEGLI INVASI – Risorse idriche nella nostra Provincia
In merito alla pianificazione nel settore dei Servizi Idrici integrati, presentata qualche giorno fa durante una conferenza stampa congiunta ATO, MarcheMultiservizi, Aset, l’Associazione La Lupus in Fabula, intende intervenire portando alcune considerazioni: sono anni che si discute del ruolo strategico che gli invasi del Furlo, San Lazzaro e Tavernelle potrebbero avere come punti di approvvigionamento ad uso idropotabile e sono anni che, puntualmente, si ripropongono le stesse difficoltà fino all’attuale posizione di stallo.
I bacini sembrerebbero essere pieni di limi e ghiaie, esiste la necessità oggettiva di svuotarli, ma sembra che ancora non si riesca a trovare un accordo con ENEL per decidere chi deve effettuare lo sfangamento, come farlo, ma soprattutto chi deve pagare. Si tratta, nel complesso, di progetti molto costosi (probabilmente molto sopra il milione di euro) e complicati da realizzare: basti pensare al problema legato alla enorme quantità di materiale, forse rifiuto speciale, da ricollocare o stoccare. Ma ciò non toglie che si tratti di una storia paradigmatica in una regione, la nostra, che vive di paradossi. Questa, infatti, è una regione che spende milioni di euro per impianti sciistici a 1400slm , ma non ne trova a sufficienza per affrontare emergenze idriche che si ripresentano in maniera sempre più frequente e drammatica. Una ulteriore analisi merita anche il motivo per cui questi invasi si sono riempiti e continueranno a riempirsi, anche dopo futuribili lavori di svuotamento, a meno che non si affrontino le cause del problema.
Come scritto, i bacini sono pieni di ghiaie e limi (sperando non ci sia altro) e continuano, pare, a riempirsi al ritmo di 60.000 mc l’anno. In questi ultimi anni si sono succeduti una serie di interventi, all’interno degli alvei dei principali corsi d’acqua, per prevenire esondazioni o tentare di mitigarne gli effetti. Principalmente si è trattato di asportare materiale o rimodellare e proteggere le sponde dall’erosione.
Un esempio proprio a monte dell’invaso del Furlo: sul Candigliano. Dal 2015 ad oggi le ruspe sono state chiamate più volte a lavorare nel fiume asportando migliaia di metri cubi di materiale per la gioia delle ditte di escavazione, ma l’unico risultato raggiunto sembra essere quello di una costante presenza invasiva in alveo con il probabile stravolgimento di ogni equilibrio ecologico. Le ghiaie, infatti, trascinate a valle dalla corrente, continuano a riempire i vuoti prodotti dalle benne dei caterpillar. Questo è anche quello che, più o meno, accadrà nei tre invasi una volta svuotati. La realtà è che la gestione dei Servizi Idrici Integrati deve avvenire, e la regola vale anche per altri settori, smettendo di ragionare per comparti stagni e seguendo, piuttosto, logiche di gestione del territorio considerato nel suo complesso.
Discutere della pulizia degli invasi, cosi come dello stato dei fiumi, sottintende prendere decisioni anche in merito a nuove possibili politiche di coltivazione dei boschi e persino dei campi destinati all’agricoltura. Il taglio di boschi a ceduo, quando questi si trovano su crinali con importanti pendenze, significa perdita di migliaia di quintali di terre soprattutto nei primi anni dal taglio. Non ci vuole molto per immaginare le conseguenze quando queste pendenze si trovano a ridosso di ruscelli, torrenti o fiumi: tutto o quasi va a finire in alveo, tutto viene trasportato dalla corrente, molto si ferma negli invasi, riempiendoli. Stesso discorso per colture in ambito agricolo; occorre esigere il rispetto delle norme di Polizia Rurale e avviare coltivazioni che non espongano migliaia di ettari di terreni al dilavamento, essendo in presenza di fenomeni meteorologici sempre più estremi.
Pesaro/Fano/Cagli 13.11.19
La Lupus in Fabula