CHI DECIDE PER L’ACQUA?

La recente decisione  dell’Assemblea dell’Aato   di proseguire sull’ipotesi del  grande bacino idrico nell’interno ( o più di uno, ma comunque sempre nel tema “grandi opere”) e con l’allacciamento del pozzo del Burano alla rete acquedottistica provinciale, denota un pronunciatissimo scollamento della politica dai cittadini e impone una riflessione.

Con lo smantellamento e la riduzione delle funzioni delle Province e delle Comunità montane, si sono ottenuti degli Enti senza valore politico, pressoché  incapaci di tutelare gli interessi dei cittadini delle aree più interne. Chi  vi risiede è stato privato delle forme di governo a loro più vicine. Ora si passa dal Comune alla Regione, senza passaggi intermedi.  In pratica, i cittadini sono stati  “allontanati” dalla partecipazione alla politica. Nel contempo, si sono rafforzate le “multiutility”, delle quali fanno parte i Comuni, ma nei cui consigli di amministrazione la quasi totalità delle risorse economiche e del potere è espresso dalle città, a scapito dai Comuni più piccoli; presso i quali, peraltro sono allocati i beni e le risorse ambientali più preziose, tra le quali l’acqua.  In questo quadro di disparità, sembra collocarsi la sprezzante affermazione – espressa nel contesto dell’Assemblea sopra citata –  dell’Assessore all’ambiente del Comune di Pesaro Morotti, rivolta al Sindaco di Apecchio, secondo la quale quest’ultimo vorrebbe solo prendere tempo per ritardare la “decisione finale” perché non vuole l’invaso nel territorio di propria gestione. Un’affermazione dal sapore quasi minaccioso, formulata da chi si sente il “padrone del vapore” e quindi in grado di intimidire il Sindaco di un piccolo Comune montano. I Sindaci delle aree interne, per la verità, in seguito alla sostanziale scomparsa degli enti di riferimento territoriale di cui sopra, danno a volte un’impressione desolante, di chi è pronto a trattare con chiunque in cambio di qualsiasi cosa, purché  sia. E’ il caso dei sindaci di Cantiano e di Cagli, che hanno affermato che, pur non opponendosi “all’intubamento” delle acque del Pozzo del Burano“ queste vanno comunque considerate strategiche”. Una “foglia di  fico” piuttosto piccola, per nascondere la sostanza del  loro cedimento. Ora dovranno spiegarlo ai loro cittadini. I quali sono notoriamente assai poco propensi a devolvere quella che ritengono essere la loro ricchezza strategica principale. La cosa che emerge con maggiore  evidenza è che proprio il parere (sovrano) dei cittadini è considerato un impiccio, qualcosa che non può non essere espresso, ma che non  deve disturbare i manovratori, gli assertori delle grandi opere dispendiose, che non si schiodano dai loro desideri e ignorano quello che, la logica da un lato e i cittadini dall’altro, suggeriscono. L’acqua è un bene pubblico – di pertinenza di qualsiasi cittadino, sia che abiti sulla costa che nelle aree interne – da tutelare e preservare e – anche se viviamo in un periodo  di restaurazione che contempla, anche ad alti livelli, diversi tentativi si scardinare la partecipazione alla democrazia – i decisori politici ed economici farebbero bene a ricordarsene

La già ricordata assemblea dell’Aato ha deliberato di condurre un approfondimento tecnico sul rapporto costi/benefici nella possibile realizzazione di alcuni bacini idrici, con un percorso che ci appare decisamente unidirezionale; perché la stessa Assemblea non prende in esame progetti alternativi  – ad esempio – quale quello esposto dal gruppo “Progetto Acqua” (rete capillare di piccoli invasi), con l’inserimento di un loro Tecnico del gruppo di lavoro dell’anzidetto Ente? Perché non una parola viene proferita circa gli impianti di dissalazione ?

Ribadiamo, ancora una volta, che prima della realizzazione di un nuovo o più invasi, devono essere ripuliti quelli esistenti, devono essere promosse continue campagne di informazione e sensibilizzazione sul risparmio dell’acqua, devono essere strutturati controlli efficaci sul rispetto delle ordinanze, devono essere promossi e incentivati sistemi di risparmio in edilizia privata e pubblica, nell’industria e in agricoltura.

La nostra Provincia ha già perso nove Comuni. Ora sono state elette barriere  normative per impedire che simili situazioni si riproducano. Ma, alla lunga, nulla potrà fermare i cittadini, nel caso decidessero che le Marche siano una Regione inospitale, dalla quale per le aree di margine è bene allontanarsi ed aderire ad altri contesti.

27 dicembre 2021

  GrIG Gruppo Intervento Giuridico  –  Guardie Giurate WWF Marche  –  La Lupus in Fabula